Fabián Restivo*
Il Brasile mi sorprende sempre. Da anni ormai. La prima volta è stato nel 1987, quando il Plan Cruzado, la versione brasiliana del Piano Austral, si stava sgretolando. Dicevo ai miei amici lì che il Brasile sarebbe affondato senza rimedio, e la risposta era categorica: “Sei scemo, come possiamo affondare? Noi siamo il Brasile! “. La seconda volta è stato nell'aprile 2018, quando mi sono trovato a Rio de Janeiro nella settimana in cui, su base di menzogne, Lula era in prigione. Ricordo che dissi al mio buon amico Aurelio Rocha, petista[1] da sempre, che se Lula fosse stato arrestato il Brasile sarebbe andato in fiamme; al che lui mi rispose che avrei dovuto smetterla di pensare cose stupide, che sapeva che Lula sarebbe purtroppo andato in prigione e che lì non sarebbe successo assolutamente nulla. Ci mise sopra un'enorme e ansiosa quota di disperazione. Lo vidi di persona il giorno dopo passeggiando per La Gávea[2], dove la vita continuava senza intoppi. Lula era già in prigione da un giorno.
Forse è il momento di guardare al nord più prossimo. Un po' oltre Florianópolis[3], ma senza uscire dalla mappa. Dove il Brasile mi sorprende di nuovo. Dove si annida un progetto di grande evoluzione chiamato Brasil Paralelo. Perché conosciamo le fake news del bolsonarismo, le difese tardive del governo brasiliano che inventa fantastiche, anche se sempre tardive, giaculatorie per difendersi. Ma mentre la quotidianità capillare ci intrattiene, l'ultradestra brasiliana lavora da anni a un piano strategico che porta fino ai villaggi più remoti, in un corpo a corpo che genera emozioni e adesioni in una porzione significativa della popolazione, con la facile formula delle idee e del lavoro. E denaro, naturalmente, perché dobbiamo capire non è ciò che li definisce: non ne avevano quando hanno iniziato. Sono nati come organizzazione no-profit, in seguito a un accordo con Bolsonaro. Quindi, senza fare tanto chiasso, hanno operato dietro le quinte. Forse hanno capito meglio di chiunque altro la frase di José Martí: “ci sono imprese che per avere successo devono rimanere nascoste”. E hanno lavorato così tanto che ora, a distanza di tempo, adesso sì che sono pubblici, con corsi e conferenze e tutto il resto. E non c'è modo di fermarli.
La guerra in questi casi non è disuguale, perché ciascuna parte ha accettato di andare, convinta di vincere. Il problema è qual’è stata la risorsa di ciascuno. L'Argentina, ad esempio, ha puntato sulle parole. Noi siamo abili con le parole. Siamo esperti della lingua fino allo sfinimento, che è ben oltre la stanchezza. Abbiamo puntato su concetti come “quadro teorico”, o “battaglia culturale” o “accordo programmatico”, mentre siamo finiti in questo “Tom and Jerry” di una sterilità sociale e politica che ci ha preso quasi tutti di sorpresa, dove smettiamo di stupirci solo per ridicolizzare il governo, dove il fatto che governino passandoci sopra in modo efficiente sembra un dettaglio irrilevante. Ai “nostri” basta fare un gesto di scherno al loro unico cliché: “viva la libertà, cazzo”, talvolta condito da un occasionale “Fine”. I nostri, quelli ci abbiamo messo noi lì, fanno le boccacce mentre gli altri lavorano.
Qui, invece, i nostri hanno decine di canti, centinaia di slogan, migliaia di quegli hashtag di merda di cui, a distanza di anni, non si sono ancora resi conto che non servono a niente. Mi baso su prove evidenti, perché il risultato di questo - e fino ad oggi - ha portato solo al moltiplicarsi senza fine di nuovi mendicanti che si vergognano di chiedere l'elemosina e di dormire per strada. Alcuni da soli, altri con le loro famiglie dove i più piccoli giocano a vivere, pericolosamente vicini al marciapiede sotto lo sguardo di una madre che non ne può più.
Questa invenzione, Brasil Paralelo, ha alcune caratteristiche: non indica nemici visibili, non si batte contro nessuno. Vanno in giro per tutto l'enorme Paese con la faccia sorridente e stupida che i professionisti assumono due minuti dopo aver commesso un massacro. Sono più gentili di Lassie prima della sua prima delusione. E la gente apre loro la porta con genuina eccitazione. Credetemi, li ho visti. E come evangelisti efficaci, sono ovunque. Tutti affermano di essere consapevoli che dietro ci sono cose oscure. E non vogliono sapere cosa gliene frega di quello che si dice di loro. Sono impegnati a lavorare alla loro strategia sul campo. Senza distrazioni. Pietra dopo pietra.
Forse, insisto, bisognerebbe guardare al nostro caro fratello nordestino per sapere quante linee ha la destra, che lavorano in parallelo senza litigare tra loro. Sanno di essere complementari. E questo è quanto.
In Brasile la battaglia, nonostante quello che dicono i miei amici, è pari: bastone e bastone. L'ala destra lavora di sotto e di sopra, mentre la squadra di Lula, senza molta abilità, cerca di comunicare che la realtà effettiva dei brasiliani sta migliorando allo stesso ritmo vertiginoso della crescita del Paese.
Qui da noi ci restano alcune immagini. La ragazza che va in treno e all’altezza di Ramos Mejía[4] decide che dovrà rinunciare a studiare perché il suo corpo non ce la fa. Il nonno che quando era padre (e non è passato molto tempo) portava le figlie in vacanza, e oggi non riesce nemmeno a comprare una trottola di legno per il nipote. Quello che ha dovuto trasferirsi da un appartamento a una stanzetta in un quartiere lontano e più economico, e che una mattina ha scoperto che la parola “sradicamento” significa uscire in strada e non avere nessuno da salutare perché non conosce nessuno in questo nuovo quartiere. Non ha ancora scoperto cosa significa “distruggere il tessuto sociale”, ma lo sperimenterà presto, anche se non potrà spiegarlo.
Una qualsiasi di queste persone un giorno era seduto in una piazza, stufo di tanti dèi pagani e presunti eroi biblici, e stanco di calcolati tradimenti. Vide che l'eroismo è marcito ed esala un fetore che lo rende immangiabile, e pensava che non era poi così difficile sostenerlo, lui e i suoi vicini. Proprio nel momento in cui si asciugava il sudore dalla fronte con la mano, guardando i piccioni, qualcuno indovinò senza troppo sforzo la stanchezza, il dolore, l'odio e la rabbia mite di chi è stato sconfitto da tutto, gli si avvicinò con la faccia di un idiota sorridente che i professionisti assumono due minuti dopo aver commesso un massacro, e gli disse: “Ti capisco. Dai, è da questa parte. Sarai felice”.
- Fotografo e giornalista argentino, vive da molti anni in Bolivia
Fonte: https://www.pagina12.com.ar/798189-pena-odio-rabia
Traduzione dallo spagnolo a cura di Rifondazione Comunista
[1] Membro del PT, Partido dos Trabalhadores (NdT).
[2] La Pedra da Gávea è una formazione rocciosa situata presso Rio de Janeiro (NdT).
[3] Città del Brasile, capitale dello Stato di Santa Catarina (Ndt).
[4] Città dell'Argentina, situata nella provincia di Buenos Aires (NdT).