Teresa Isenburg
Mi permetto di redigere uno schematico riassunto dell’incontro internazionale che si è svolto a Belém, capitale dello Stato di Pará, nella regione in cui sfociano grandi fiumi come il Rio delle Amazzoni ed altri. Scopo di questa scheda è di mettere in luce il carattere geopolitico della riunione fermamente voluta dalla Presidenza della Repubblica e organizzata dall’Itamaraty, il Ministero degli Esteri, insieme ai dicasteri dell’Ambiente e dei Popoli Indigeni. Mi limito a indicare i programmi generali dei diversi incontri, senza entrare nel merito dei temi trattati e dei materiali prodotti, per i quali indico i siti in cui consultarli. Ritengo che il Vertice dell’Amazzonia sia un accadimento di discreto peso nell’ambito della costruzione di relazioni internazionali regionali non subalterne, organizzate a partire da una urgenza ambientale incalzante; può quindi valere la pena di dedicare ad esso una certa attenzione che vada al di là delle considerazioni, e delle critiche, esclusivamente ecologiche. I lavori si sono sviluppati in momenti successivi lungo tre sentieri collegati ma rispettivamente autonomi sia per tematiche che per partecipazione.- Il primo, Dialogos Amazônicos, fra il 4 e il 6 agosto, aveva l’obiettivo di riunire rappresentanti di entità, movimenti popolari, università, centri di ricerca e agenzie governative e dei paesi vicini per formulare nuove strategie per la regione. 27.000 persone sono passate da Belém nel fine settimana. Le attività si sono svolte in 5 sessioni plenarie, 3 plenarie trasversali, 405 momenti auto organizzati. I risultati degli incontri sono stati presentati ai leaders politici riuniti nei giorni successivi[1]. Anche le richieste, sistematizzate in 29 punti, elaborate dalla Assemblea dei Popoli della Terra Amazzonica, hanno avuto la stessa destinazione[2]. Diverse voci di componenti dei dialoghi hanno espresso insoddisfazione ritenendo che i documenti finali del Vertice non abbiano sufficientemente evidenziato le proposte da loro presentate. In particolare ha generato insoddisfazione la decisione di non inserire nelle dichiarazioni conclusive le questioni dello sfruttamento dei combustibili fossili e della demarcazione delle Terre Indigene, questioni sulle quali non tutti i protagonisti hanno posizioni condivise. Viceversa nei documenti finali sono state privilegiate questioni di complessiva convergenza, come la necessità di evitare il “punto di non ritorno”[3], consolidare il parlamento amazzonico, dare vita a sistemi di polizia e di controllo dello spazio aereo coordinati, in una zona in cui negli ultimi anni il crimine organizzato ha rafforzato la propria presenza. Tale prudenza diplomatica riflette il fatto che il Vertice si svolge nell’ambito della Organizzazione del Trattato della Cooperazione dell’Amazzonia/OTCA, ciò che ci porta al secondo volano del Vertice.
- Istituita nel 1978 si è riunita nel 1989,1992, 2009 e 2023. Essa accoglie tutti i paesi del Sud America (Brasile, Bolivia, Perù, Equador, Colombia, Venezuela, Guiana, Suriname) che ospitano porzioni più o meno estese di foresta tropicale umida, al fine di promuovere gestioni condivise e scegliere posizioni concordate nelle sedi internazionali, come la prossima Cop 28 che si terrà a Dubai, Emirati Arabi Uniti, e quella del 2025 (Cop 30) che sarà a Belém. I lavori formali dei paesi dell’OTCA hanno avuto una prima giornata il 7 agosto fra i ministri degli Esteri e dell’Ambiente degli 8 paesi aderenti. Erano presenti anche invitati di Francia, Germania, Norvegia, principali “donatori” del Fondo Amazzonia, capi di Stato dell’Africa, dell’Asia e dei Caraibi, oltre al sultano Ahmed al-Jaber organizzatore della Cop 28. Macron, invitato per rappresentare la Guiana Francese, ha rinunciato ad essere presente. Il giorno 8 agosto vi è stato l’incontro più istituzionale con i capi di Stato degli 8 paesi della Organizzazione da cui è uscita la Dichiarazione Presidenziale in occasione del Vertice dell’Amazzonia –IV- riunione di Presidenti degli Stati Parte nel Trattato di Cooperazione Amazzonica[4]: 113 punti che tracciano il percorso comune dei prossimi anni. Questa giornata si inserisce nel progetto, voluto soprattutto dal Brasile e da Lula, ma che trova una importante sponda nella Colombia di Gustavo Petro e nella Bolivia Plurinazionale, di operare per un mondo multipolare con la costruzione di aggregazioni regionali non eccessivamente rigide e normative.
- Personalmente ho trovato molto significativa la giornata del 9 agosto in cui protagonisti sono stati, oltre agli 8 paesi della OTCA, alcuni paesi invitati in quanto territori in cui si trovano foreste tropicali umide estese: la Repubblica Democratica del Congo, la Repubblica del Congo, l’Indonesia[5]. Lo scopo è di aggregare realtà con situazioni simili al fine di rafforzare attraverso una diplomazia tematica l’influenza internazionale e supportare le politiche socio ecologiche nazionali. In un discorso di apertura particolarmente ispirato[6] Lula ha espresso in modo non equivocabile l’intenzione politica che sostiene l’incontro: contenere il protagonismo e l’influenza dominante di Europa e Usa nella definizione dell’agenda internazionale sul clima e rafforzare i paesi emergenti per decidere delle proprie foreste.