Categorie
Elezioni spagnole del 28 maggio 2023
di Ramon Mantovani - Si sono svolte domenica 28 maggio le elezioni in tutti i municipi spagnoli e in 12 delle 17 comunità autonome. È presto per fare una analisi dettagliata dei risultati, perché il conteggio dei voti non è ancora terminato e perché le formule delle liste elettorali sono fortemente diversificate sia nei municipi sia nelle comunità autonome. Ma si può dire che il Psoe esce sconfitto ottenendo nelle municipali il 28,11%, pur arretrando solo del 1,15%, perché sono il Partido Popular (PP) e VOX ad aver avuto un notevole incremento di voti. Il PP ottiene infatti il 31,5% con un incremento rispetto alle precedenti elezioni del 2019 del 9,27% e VOX ottiene il 7,18% con un incremento del 4,28%. Inoltre, nelle comunità autonome il Psoe perde il governo in 4 delle 10 comunità autonome dove governava che passano nelle mani del PP, che quasi dovunque dovrà fare una coalizione di governo con VOX. Per quanto riguarda le forze della coalizione confederale Unidas Podemos ed altre locali di sinistra è difficile fare una valutazione esatta perché, come tradizione per queste forze, si sono presentate separate in molti municipi e le coalizioni locali sono fortemente diversificate in tutto il territorio. Ma si può dire che, con qualche rara eccezione, hanno subito un arretramento significativo, sia in voti che in seggi. Basti dire che escono dai parlamenti regionali di Madrid, Valencia e delle Canarie mentre entrano in quella della Navarra dove non erano presenti. E perde, per pochissimi voti, la significativa sindacatura di Barcellona. I motivi di questa sconfitta e, si può dire senza temere di esagerare, svolta reazionaria sono ovviamente molto complessi, ma certamente hanno a che fare principalmente con alcune cose: 1) l’astensione ha colpito con tutta evidenza tutte le forze di sinistra (o sedicenti tali come il PSOE) mentre gli elettorati di destra e di estrema destra si sono mobilitati fortemente. Non si può fare un raffronto serio con le precedenti elezioni municipali perché queste furono celebrate insieme alle elezioni europee. E queste, a loro volta, furono fortemente condizionate, soprattutto in Catalunya ma non solo, dalle candidature europee dei capi del movimento indipendentista esiliati e incarcerati. 2) la sparizione totale del partito CIUDADANOS, passato dal 8,35% al 1,35% ha favorito solo VOX e il PP e nulla è andato al PSOE che invece contava di conquistare per lo meno una parte dei voti di questo partito in crisi. 3) la campagna elettorale del PSOE, tutta impostata sulla azione di governo e con la convinzione malcelata che si sarebbe trattato di una marcia trionfale, è stata fatale perché ha accentuato la parziale ed inevitabile disillusione di elettori, che nonostante gli indubitabili miglioramenti di salari, condizioni di lavoro e diritti civili dovuti soprattutto ai ministeri di Unidas Podemos, con la crisi, l’inflazione galoppante e gli aumenti degli affitti non sono andati a votare per rabbia e/o delusione. 4) la campagna elettorale del PP e di VOX ha funzionato molto bene. L’accusa al PSOE di essere in balia dei suoi indispensabili alleati indipendentisti catalani e baschi ha mobilitato il nazionalismo sciovinista e reazionario spagnolo che, come si vede periodicamente nella storia della Spagna, è più vivo che mai. Per giunta il leit motiv di tutta la campagna elettorale è stata la scelta di Bildu di candidare una quarantina di ex detenuti dell’ETA nelle municipali nel Paese Basco e in Navarra, una decina dei quali per gravi fatti di sangue. L’ammissione dell’errore e la scelta degli stessi candidati di rinunciare al seggio in caso di elezione ovviamente non è servita, perché le TV private e la stragrande maggioranza dei giornali stampati e digitali hanno usato il tema ETA dal primo giorno all’ultimo. Inoltre ai soliti argomenti razzisti sugli immigrati si è aggiunto quello delle occupazioni di appartamenti, con una campagna di disinformazione secondo la quale il forte movimento delle occupazioni delle case riguardava seconde residenze ed anche prime residenze. Cosa ovviamente totalmente falsa. Un accenno specifico merita il risultato della sinistra di Unidas Podemos e dei suoi attuali e/o potenziali alleati. Dico accenno perché ci sarebbe bisogno di un’analisi e descrizioni approfondite, che farò più avanti anche in attesa delle reazioni non improvvisate che ci saranno certamente nei prossimi giorni. Dentro il gruppo parlamentare di Unidas Podemos si è prodotta una divisione anche profonda e, a mio avviso, irresponsabilmente pubblica, e per questo sfruttata appieno dal PSOE e dalle destre. La divisione ha origine nella discutibile scelta di Pablo Iglesias, Segretario di Podemos e Vicepresidente del governo, di abbandonare la politica attiva e tutti gli incarichi e nella sua scelta di indicare (in puro stile ultra-leaderistico) in Yolanda Díaz, iscritta al PCE, la futura candidata alla presidenza del governo per conto di Unidas Podemos. Questo annuncio, discusso in una ristrettissima cerchia di persone e fatto di sorpresa, venne accolto male in Podemos e lasciò attoniti la gran parte dei militanti e degli elettori di tutte le organizzazioni coalizzate con Podemos a livello nazionale e locale. Yolanda Díaz, indicata dalla stampa nemica della sinistra come una eventuale obbediente strumento nelle mani di Iglesias, dal canto suo disse che avrebbe accettato o meno solo dopo un processo politico e che la decisione sarebbe stata ovviamente dei militanti e delle forze coalizzate. Ma circa un anno fa Díaz annuncia che avvia una fase di ascolto in tutto il Paese per vedere di unire molto al di là dei confini di Unidas Podemos, sia organizzazioni che persone. E annuncia che sarà lei personalmente a gestire tutto, chiedendo inusitatamente ai dirigenti dei partiti ed organizzazioni coalizzate di non partecipare alle iniziative pubbliche che si svolgeranno per “ascoltare la gente”. Mentre Izquierda Unida e lo stesso PCE accettano, senza entusiasmo, che si faccia questo percorso, Podemos si dimostra contrario ed annuncia a sua volta che quando Yolanda Díaz avrà formato SUMAR (“sommare” da slogan diventerebbe anche il nome della coalizione soggetto politico) dovrà discutere con Podemos di come e se fare una presentazione unitaria alle elezioni. Si dimostrano invece entusiasti i COMUNS catalani e in particolare Ada Colau che nel frattempo sono riusciti nel capolavoro di dividere Esquerra Unida i Alternativa e a chiedere l’adesione al partito verde europeo senza una discussione congressuale, la forza valenciana Compromis e soprattutto Mes Pais (scissione di Podemos capeggiata da Errejón e che praticamente esiste in modo significativo solo a Madrid). In altre parole lo spazio politico coperto da Unidas Podemos da un anno è dilaniato da scontri interni e oggetto di una continua campagna di denigrazione che descrive le divisioni come fossero solo liti personalistiche. Tutte cose che hanno messo in secondo piano le pur importantissime conquiste ottenute obbligando il PSOE con la complicità di Bildu e Esquerra Republicana de Catalunya a far fare al governo cose che di suo non avrebbe mai fatto. L’arretramento di Unidas Podemos e di tutte le altre forze alleate o potenziali alleate in quasi tutti i municipi e comunità autonome nelle elezioni del 28 maggio è certamente anche frutto di questa situazione che, ma è parere personale mio, avrebbe potuto essere evitata facilmente se l’egemonia della concezione personalistica, leaderistica e semplificatrice fino all’estremo della politica non fosse penetrata a fondo anche nei gruppi dirigenti della sinistra spagnola. Il PSOE ha reagito alla sconfitta con la convocazione delle elezioni politiche anticipate il 23 luglio. E le prime dichiarazioni sia di Díaz sia della segretaria di Podemos, Ione Belarra, sia di Alberto Garzón, coordinatore di Izquierda Unida, lasciano intendere che l’unità di Unidas Podemos e l’allargamento dell’alleanza sono più necessarie che mai per fronteggiare la svolta reazionaria e il pericolo di un governo PP - VOX. Non è molto politico ma vien da dire: speriamo che sia così!