di Pietro Pasculli
Amini, una giovane ragazza curda di Saqqez, provincia del Kurdistan iraniano (Rojhelat), è morta in ospedale il 16 settembre, dopo essere stata brutalmente picchiata dalle forze di polizia di Teheran. La ragazza lo scorso martedì si trovava in visita con suo fratello nella capitale iraniana quando è stata arrestata dalla polizia morale per non aver indossato "un vero e proprio hijab". Dopo due ore dal suo arresto la giovane ragazza è stata trasportata in ambulanza dalla stazione di polizia e dopo tre giorni di coma è morta.
Sabato pomeriggio dopo il suo funerale, le donne curde di Saqqez si sono tolte il velo per protestare contro la brutalità della polizia e l’uso del velo obbligatorio. Le proteste sono continuate anche nei giorni successivi investendo non solo le città del Kurdistan, ma anche la capitale Teheran e la città di Esfahan con scontri con le forze di sicurezza. Nelle più grandi città del Kurdistan iraniano, Baneh, Marivan, Saqqez, Divandarreh i manifestanti hanno annunciato che continueranno lo sciopero per diversi giorni nonostante il divieto delle autorità e la repressione della polizia. Secondo le notizie giunte dall’emittente Kurdistan24 la polizia ha sparato contro i manifestanti e molti cittadini hanno aperto le porte delle loro case per dare riparo ai contestatori mentre i proprietari di negozi hanno chiuso i loro negozi in segno di solidarietà.
Il gruppo curdo-iraniano per i diritti umani Hengaw ha affermato che sette manifestanti curdi sono stati uccisi e 450 persone sono rimaste ferite dalle forze di polizia iraniane negli ultimi quattro giorni durante le proteste scoppiate dopo la morte di Mahsa Amini.
Molte persone ferite hanno deciso di non recarsi negli ospedali per paura di essere arrestate dalle forze di sicurezza. Nella giornata di ieri gli studenti e le studentesse dell'Università Amir Kabir di Teheran si sono radunati fuori dall’università per protestare contro la polizia e le autorità dei Mullah urlando alla caduta della tirannia, altri manifestanti si sono radunati invece fuori dall’ospedale dove Amir era in cura, altri ancora, soprattutto giovani ragazze e ragazzi hanno occupato le strade della capitale.
Decine di donne curde in solidarietà con Mahsa Amini hanno postato dei video mentre tagliavano i loro capelli e bruciavano l’hijab. La violazione dei diritti da parte della “polizia morale” e del governo iraniano contro le donne iraniane, e contro i diritti fondamentali, sociali e civili del popolo curdo iraniano sono in aumento ed il popolo è intenzionato a ribellarsi. L’organizzazione dei diritti umani Hengaw ha affermato che le rivolte sono in continua espansione e i manifestanti stanno organizzando proteste e scioperi in almeno 24 città del Kurdistan iraniano. Anche l'amministrazione di autogoverno del Rojava in una nota ha espresso pieno sostegno alle manifestazioni ed ha invitato le autorità iraniane a fermare le "azioni brutali" contro i manifestanti.
Le/i giovani comuniste/i esprimono piena solidarietà con il popolo curdo iraniano e con i/le manifestanti contro l’oppressione e la tirannia del regime iraniano e sono accanto alle donne curde e iraniane determinate a lottare per la libertà del proprio corpo e dei propri diritti.
Amini è morta ma il suo nome e la sua memoria non saranno mai dimenticati.
şehid namirin