È gravissima la spirale di violenza nella quale l’occupazione sionista sta facendo precipitare la Cisgiordania e, in questi giorni, in particolare la città di Gerusalemme. Gravissima per gli abusi e le violenze di cui si stanno macchiando le forze di “sicurezza” israeliane; ma anche per la molteplicità di strumenti di cui le forze di occupazione si stanno servendo: raid di polizia ed esercito; provvedimenti giudiziari; marce violente e aggressive da parte di coloni sionisti al grido di “morte agli arabi”.
In occasione dell’ultimo venerdì del Ramadan, dopo che migliaia di palestinesi si erano radunati per la preghiera del venerdì e per la loro protesta contro il piano di evacuazione di famiglie palestinesi a Sheikh Jarrah, a Gerusalemme Est, nei quartieri palestinesi sotto occupazione, oltre 200 palestinesi sono rimasti feriti (molti gravemente), e decine sono stati arrestati. Fanno seguito ai molti palestinesi feriti e arrestati in altre manifestazioni e proteste dei giorni scorsi.
Di gravissimi abusi e violenze, le forze dell’occupazione si stanno macchiando anche in altri territori dell’intera Cisgiordania. Un palestinese è rimasto ucciso dopo che i coloni hanno dato fuoco ai campi presso Nablus; altre violenze sono perpetrate dall’esercito che sta effettuando raid sistematici nei villaggi e dando luogo ad arresti di massa di uomini e donne palestinesi. È di pochi giorni fa la notizia che un bambino palestinese, il sedicenne Saeed Yousef Mohammad Odah, del villaggio di Odala, nella Cisgiordania settentrionale, è stato ucciso con colpi di arma da fuoco esplosi ad altezza d’uomo.
In particolare, il motivo dell’ultima protesta è la decisione di un tribunale israeliano che ha ordinato a 40 palestinesi (tra i quali 10 bambini e bambine) di abbandonare le loro case e cedere le loro abitazioni ai coloni israeliani che ne hanno rivendicato la proprietà, in base a una legge israeliana, approvata dopo la guerra dei sei giorni del 1967 e la conseguente occupazione militare israeliana, che permette ai discendenti degli ebrei residenti a Gerusalemme prima della nascita dello Stato di Israele nel 1948, di rivendicare le proprietà anche nella zona Est della città. Anche questa legge, con i provvedimenti che le hanno fatto seguito, è l’ennesima manifestazione del regime di apartheid e discriminazione cui lo Stato di Israele sottopone la popolazione palestinese: da un lato, i discendenti degli ebrei possono rivendicare proprietà possedute dai loro avi prima dello Stato di Israele; dall’altro, i palestinesi che hanno subito la pulizia etnica dei villaggi, anche quelli cacciati dalle proprie case nella parte Ovest di Gerusalemme e nel resto del territorio oggi dello Stato di Israele, non hanno il diritto di rivendicare le loro antiche legittime proprietà, case e terre, a causa della cosiddetta “Legge sulle Proprietà degli Assenti” del 1950. Quest’ultima, funziona come un dispositivo ad hoc per consentire alle forze di occupazione di acquisire la proprietà su beni, case e terreni, dei profughi palestinesi espulsi.
Si tratta di un vero e proprio dispositivo di occupazione e di colonizzazione: si calcola, a partire dal 1967, che Israele ha così potuto creare 15 colonie a Gerusalemme Est, facendovi trasferire oltre 200 mila coloni israeliani; oltre il 35% delle proprietà palestinesi a Gerusalemme sono state confiscate ricorrendo proprio a questa legge; su oltre il 30% di queste, vige il divieto di pianificazione edilizia e, in generale, i palestinesi sono letteralmente espropriati di oltre l’87% della città di Gerusalemme.
Del tutto insufficiente è, dunque, la condanna espressa dall’Ufficio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani che ha avvertito che tali azioni possono essere considerate «crimini di guerra». Tali azioni sono una sistematica e conclamata violazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite e della IV Convenzione di Ginevra e, costituiscono, come tali, una grave minaccia alla tutela universale dei diritti umani e alla pace e alla sicurezza nell’intera regione.
Invece di essere complici e balbettare, la Unione Europea ed il governo italiano facciano sentire la loro voce interrompendo qualsiasi collaborazione militare e stabilendo un embargo militare a Israele, come pressione legittima per sollecitare il rispetto del diritto e della giustizia internazionale.
Siamo a fianco della Resistenza del popolo palestinese, in lotta per i propri diritti e per la propria liberazione, il riconoscimento dello Stato di Palestina e la piena auto-determinazione, per la fine dell’occupazione israeliana.
Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea