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Brasile: Troppo in fretta

Teresa Isenburg

Sembra a me che tutto avvenga troppo in fretta: gli accadimenti si susseguono con rapidità tale da sovrapporsi e diventare difficili da identificare e capire. E questo riguarda sia i grandi fatti internazionali che avvengono sui palcoscenici mondiali che quelli più limitati che concernono luoghi e persone periferiche.

Provo a riassumere qualche informazione su situazioni in cui il Brasile si è trovato coinvolto nella seconda metà di questo mese di novembre 2024.

1 - Mondo**. Il 18 e 19 novembre 2024 si è concluso il G20, con l’approvazione unanime della Dichiarazione di leaders di Rio de Janeiro che raccoglie i contributi dei gruppi di lavoro tematici elaborati nel corso di un anno attraverso il paziente, anche testardo, impegno diplomatico brasiliano. Di esso quasi non si è parlato nell’informazione corrente. Certamente queste assise raccolte sotto la sigla G - espressione di una “grandezza” che non alberga più nei tempi presenti -risentono dei segni degli anni, ma tuttavia nella misura in cui continuano a raggruppare responsabili di paesi di peso non è inutile cercare di farsi una idea di quanto dibattuto, condiviso, avviato forse all’azione.    
Nel caso del G20 a questo fine la cosa migliore è leggere per intero la Dichiarazione e magari anche qualche altro testo, ad esempio quello della Cupola sociale, espressione delle società civili. Gli 85 articoli sono raggruppati in capitoli: situazione economica e politica internazionale (art 2- 13); inclusione sociale e lotta alla fame e alla povertà (14-34); sviluppo sostenibile, transizione energetica e azione climatica (35-60); riforma delle istituzioni di governance globale (61-84).
Principale il secondo capitolo, che all’articolo 15 lancia l’Alleanza Globale contro la Fame e la Povertà, consegna che il presidente Luiz Ignácio Lula da Silva aveva dato come precedenza assoluta. Gli altri campi sono simili a quelli divulgati in diversi incontri internazionali e non aggiungono o cambiano molto, tranne forse nel sottolineare l’urgenza di agire anche sul quarto. Sulle catastrofi belliche in corso vengono riprese (art. 7-9) le posizioni delle Nazioni Unite. Quello che mi sembra importante negli articoli 14-34 è il contenuto e il linguaggio che riflette concetti e progetti: ricorrono le parole “diseguaglianza” (9 volte) e “inclusione” (8), ritorna più volte la categoria “giustizia sociale” (4); sono quasi assenti i termini “compassionevole”, “di aiuto” (1) e “solidarietà”; ombratile il ritornello del mercato (1). È ovvio che non si tratta di scrittura casuale, ma di comunicazione che intende essere significante e che colloca estirpazione di fame e diseguaglianza come imperativi.       
Mi è sembrato non banale l’articolo 25 sulla salute pubblica, in cui si sostiene la coalizione per produzione locale e regionale di medicinali e si auspica il progresso del progetto Una Salute che riconosce interconnessione fra salute umana, animale, vegetale e ambientale. Altrove affiora un accenno all’urticante tassazione dei patrimoni ultra-alti. I successivi due capitoli confermano l’adesione a decisioni precedenti, con qualche accenno non ovvio e qualche silenzio prudente: l’art. 78 sull’ AI (intelligenza artificiale) riconosce che l’integrazione di tale tecnologia nei luoghi di lavoro dà migliori risultati “quando incorpora osservazioni e suggerimenti dei lavoratori” e quindi incentiva “le imprese a impegnarsi nel dialogo sociale”, mentre trattando dell’OMC (Organizzazione mondiale del commercio) si tace sulle conseguenze delle sanzioni unilaterali.
Come ricorda la conclusione, “il G20 è un gruppo informale e guidato da leaders e così deve rimanere”, quindi la palla è rilanciata a parlamenti, esecutivi, organizzazioni dei singoli paesi, che tra l’altro dovrebbero informare cittadini ed elettori di ciò che hanno fatto, non fatto o faranno in questo e in altri simili incontri.         
Per l’Alleanza c’è già qualche passo operativo: ad essa al momento aderiscono 148 fondatori, ripartiti fra 82 paesi, 24 soggetti internazionali, 9 istituzioni finanziarie internazionali e 34 organizzazioni filantropiche e non governative. Il ministro dello Sviluppo e Assistenza sociale, Famiglia e Lotta alla Fame Wellington Dias ha illustrato la struttura organizzativa fin qui impostata: uffici regionali a Washington, Roma, Addis Abeba (sedi di organismi internazionali), Brasilia e probabilmente Bangkok; un Consiglio dei Campioni di non più di 50 partecipanti (25 dei paesi e 25 delle organizzazioni aderenti) per seguire i progetti (gestibili in autonomia o bisognosi di sostegno) che ciascun paese metterà a punto ispirandosi a esperienze riuscite (trasferimento di reddito, alimentazione scolastica, attenzione nutrizionale a neonati e gestanti). Il bilancio globale non è ancora chiuso, ma “cominciamo con un livello alto”.           
Nato per affrontare la crisi del sistema finanziario del 2008, il G20 giunge ora a inserire gli esclusi e le urgenze al centro, rendendo visibile l’inadeguatezza del neoliberismo di fronte ai problemi del mondo. Per il Brasile nel complesso la conduzione del G20 si chiude con un bilancio positivo o almeno non negativo: essere arrivati in fondo ad un percorso lungo e irto di ostacoli già non è poco. Inoltre dopo la chiusura vi è stata a Brasilia una giornata intensa di colloqui fra i presidenti Lula e Xi Jinping: molti accordi sono stati firmati, ma soprattutto all’indomani dell’elezione di Trump, che dell’azione contro immigrati e Cina ha fatto il perno del suo programma, Lula ha scelto di rafforzare, e molto, i legami fra Repubblica federativa del Brasile e Repubblica Popolare Cinese. Un accenno al comportamento, fra sorprendente e offensivo, dell’Occidente in questa occasione. La palma va naturalmente a Joe Biden che a Manaus ha autorizzato l’Ucraina all’uso di missili a lunga gittata contro la Russia: dove e quando si è visto un capo di Stato dichiarare guerra al mondo mentre è ospite di un paese terzo che ripete la sua avversione a ogni guerra? Interessante leggere in parallelo i discorsi di Macron, Charles Michel, Starmer da un lato e di Xi Jinping o anche della neo presidente del Messico Claudia Sheinbaum dall’altro: si passa dall’elogio europeo della guerra alla fatica di pensare un futuro degno per l’immenso popolo del pianeta.               
Concludo con un sorriso ironico: ci saranno due foto finali dell’incontro. Una scattata nell’ora prevista e un’altra fatta dopo. Perché? Joe Biden e la signora Meloni sono arrivati in ritardo per la prima… Anche le buone maniere, fiore all’occhiello europeo, sono andate alle ortiche. Due immagini quasi simbolo della distanza o forse divergenza che allontana sempre più il Sud globale dall’Occidente.

2 - Brasile. Alcuni fatti diversi fra loro ma in un certo senso convergenti hanno nei giorni scorsi messo in evidenza punti di fragilità e forse instabilità del paese.

a) criminalità organizzata. L’8 novembre 2024 nell’aeroporto internazionale di Guarulhos (San Paolo) Antônio Vinicius Lopes Gritzbach veniva assassinato in pieno giorno con 10 colpi di arma da fuoco da due uomini scesi da un’auto e poi fuggiti nella stessa, mentre 29 proiettili di diverso calibro rimanevano sul terreno. Un’esecuzione pubblica di classico stile mafioso di cui nel nostro paese abbiamo ampia conoscenza, che eliminava un ex quadro del crimine organizzato il cui principale azionista a San Paolo è il PCC (Primeiro Comando da Capital). L’assassinato si occupava di riciclo di denaro ed era recentemente diventato collaboratore di giustizia. L’accaduto mostra la nota e preoccupante ascesa della criminalità organizzata nello Stato di San Paolo, attiva soprattutto nel traffico di droghe, che utilizza le infrastrutture portuali del litorale per l’esportazione. La collaborazione con la ‘ndrangheta è anch’essa nota e oggetto di azioni congiunte Italia-Brasile. Ma da questo episodio sono anche emersi coinvolgimenti gravissimi fra delinquenza e forze di polizia dello Stato di San Paolo. 

b) eversione. Il 13 novembre si sono verificate due forti esplosioni nella Piazza dei Tre Poteri, una nei pressi del Congresso e l’altra davanti al STF (Supremo tribunale federale). Quest’ultima ha provocato la morte dell’attentatore Francisco Wanderley Luiz di Rio do Sul nello Stato di Santa Catarina. Secondo la polizia federale non si è trattato di un fatto isolato, ma collegato ad altre azioni oggetto di indagine in un contesto in cui gruppi estremisti sono attivi. L’aggressione allo Stato democratico di diritto continua e punta a colpire il Supremo Tribunale Federale custode della Costituzione.

c) colpo di Stato. Infine il 21 novembre la polizia federale ha concluso l’istruttoria relativa al colpo di Stato del gennaio 2023 per mantenere al potere Bolsonaro e compari, con una relazione di 880 pagine consegnate al STF responsabile per questo tipo di reati. Sono stati denunciati dalla polizia federale 37 indiziati (fra i quali Bolsonaro) di cui 25 militari, inclusi sei generali; un generale, tre ufficiali, un poliziotto federale sono stati arrestati; sono stati compiuti tre mandati di perquisizione e sequestro ed emesse 15 diverse misure cautelari fra cui il ritiro di passaporti. Fra gli indiziati risulta anche il colonnello addetto militare a Tel Aviv ed è nota la vicinanza di Bolsonaro con l’esecutivo israeliano nonché l’interesse dell’ex presidente per i sofisticati sistemi di intelligence (peraltro non autorizzati dal parlamento), che infatti fanno capolino anche in questo contesto.             
Come evidente il quadro che emerge da questa indagine iniziale è estremamente grave per l’ampiezza della partecipazione al golpe, che vede coinvolti molti settori dello Stato, esponenti politici di primo piano, masse di manovra non piccole guidate attraverso l’uso non innocente di fake news forse sostenute da piattaforme informatiche ovviamente straniere. C’è anche qualcosa di primitivo nel modo di agire degli eversori: il primo passo era l’assassinio del presidente della Repubblica Lula (avvelenandolo!), del vicepresidente Alkmin, del presidente del Superiore Tribunale Elettorale nonché ministro del STF, decapitando quindi i vertici istituzionali. E poi via via stato di assedio, limitazioni di diritti di tutti i tipi, ecc. Una vasta rete di partecipanti, una procedura articolata e premeditata nei dettagli, un progetto di permanenza al potere per mantenere privilegi e impunità. Tra le altre cose uno squallore progettuale sconsolante.   
Ma la quantità di documenti, prove, registrazioni lasciate dai golpisti mostra una sfacciata certezza dell’impunità. Nessuno degli indiziati nega i fatti, alcuni passano con armi e bagagli alla collaborazione con la giustizia, altri - e in particolare Bolsonaro - costruiscono un racconto autogiustificativo e vittimistico destinato non tanto ai giudici ai quali dovranno rendere conto, ma ai loro sostenitori. Nessuno dei molti che sapevano che vi erano non poche forze che tramavano e cospiravano ha sentito il bisogno di informare la polizia o la magistratura. Certamente questi indiziati e altri che affioreranno dal pantano passeranno per le aule dei tribunali, ma come si ricostruisce uno Stato che, già debole, è stato demolito per sei anni (2016-2022) da un cannoneggiamento della struttura istituzionale? Questo, mi sembra, è di fatto il lascito avvelenato di esecutivi anticostituzionali e antisociali non solo in Brasile, ma anche non lontano da noi.

3 - Brasile-Francia. Il 20 novembre il CEO del gruppo Carrefour Alexandre Bompard pubblicava sulle sue reti sociali una lettera indirizzata a un sindacato agrario, assumendo l’impegno di sospendere la vendita di carne proveniente dal Sud America per ipotetico non rispetto dei livelli igienico-sociali europei. Con una rapidità non comune i grandi frigorificos*** come JBS hanno immediatamente smesso di rifornire la rete Carrefour in Brasile, che assicura une percentuale molto alta del bilancio della multinazionale, provocando un immediato crollo delle vendite. Il 26 novembre sono state espresse scuse formali da parte della Francia e del gruppo e il flusso commerciale ha ripreso. Un fatto marginale nel caos in cui ci troviamo, ma che dice due cose: da un lato l’influenza della posizione vetero-coloniale di Macron (si veda l’indegno viaggio in Marocco a fine ottobre nonché la trasformazione di Parigi in Caienna con la deportazione dei dirigenti kanaki); dall’altro l’opposizione della Francia (e di altri paesi europei) all’accordo Mercosul-Unione Europea. Personalmente ritengo che tale accordo fra due zoppicanti, che si trascina da lustri, andrebbe abbandonato, ma in ogni modo va condotto nelle sedi appropriate e non con colpi di mano. Per concludere l’impressione è che il Brasile sia di nuovo esposto a pressioni destabilizzanti interne e internazionali (come ad esempio la speculazione monetaria in corso), non riuscendo quindi a sfuggire alla politica di caos che mina il pianeta.

    * Riprendo e aggiorno alcune note che l’Agenzia Adista ha avuto la gentilezza di pubblicare nella rubrica Notizie di fine novembre.

    Fonti:

    • Declaração de Líderes do Rio de Janeiro, www.gov.br;
    • Serviço publico federal, MJSP-Policia Fedral et alii, Relatorio n. 4546344/2024;
    • Luis Nassif, Da guerra cultural ao terrorismo domestico, entervista á Castro Rocha sobre novo atentado ao STF, “GGN”, 14.11.2024;
    • Luis Nassif, Xadrez da morte no aeroporto e da milicialização da polícia paulista, “GGN”, 15.11.2024.

    *** Aziende di lavorazione di prodotti animali. La JBS, originariamente brasiliana, è ora una multinazionale, la più grossa impresa mondiale del settore (NdT).