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Brasile: L’altra metà del mondo

Teresa Isenburg

Qualche anno fa i dati statistici ci hanno informato che la popolazione urbana aveva superato il 50% degli ospiti del pianeta. In realtà lo stesso dato avrebbe potuto essere espresso in modo diverso: quasi 50% degli stessi vivono nelle campagne o nello spazio rurale, aggiungendo che in quelle aree l’emarginazione dall’umano consorzio e la povertà estrema raggiungono i più alti livelli. Ed è tenendo conto di questo quadro di fondo che desidero dedicare qualche considerazione ad un soggetto che in Brasile opera per cambiare questa realtà. Il 24 gennaio 1984 veniva fondato in Brasile il Movimento dei Lavoratori Rurali senza Terra (MST) con lo scopo di promuovere mobilitazioni sociali volte a realizzare una riforma agraria popolare. Un nuovo soggetto si affiancava ad altri protagonisti di più vecchia data nelle lotte contadine per l’accesso alla terra e per condizioni di lavoro bracciantile meno inique, come la Contag (Confederazione nazionale dei lavoratori in agricoltura) e le leghe contadine. Vent’anni di dittatura militare (1964-1985) avevano modificato molte cose ed in particolare avevano deformato l’idea di trasformazione sociale implicita nella lontana rivendicazione dei Gracchi. Nelle antisociali mani dei militari la riforma agraria volta ad inglobare nel corpo della società le popolazioni rurali tradizionalmente escluse era diventata uno strumento di colonizzazione e trasferimento anche coatto, spesso in luoghi inaccessibili, di plebi ignare. Per questo la bandiera antica e sempre rinnovata della riforma agraria si completava con l’aggettivo qualificativo di “popolare”. A distanza di quarant’anni da quella data vorrei riflettere brevemente sul cammino percorso. La prima cosa da mettere in luce è che quel movimento è ancora ben vivo, si è espanso e attorno all’obiettivo centrale dell’accesso alla terra ha costruito e continua a costruire attività e iniziative che ne fanno una costellazione articolata e differenziata. Chi ha la pazienza di visitare il sito del MST può avere un quadro di questo universo. La seconda cosa è il progetto complessivo che ruota attorno alla rivendicazione di base. Esso consiste nell’intenzione di partire dal consolidamento di un’agricoltura di piccoli contadini organizzati in varie forme cooperative al fine di realizzare, per il proprio sostentamento e per la commercializzazione, un’alimentazione sana e lontana dal cibo ultra processato, e allo stesso tempo di promuovere la formazione educativa, professionale e culturale delle famiglie coinvolte. L’agricoltura sostenibile e priva di biocidi ormai è applicata da MST su superfici relativamente vaste (ad esempio per il riso negli stati del Sud della Federazione), oltre che nelle più diffuse coltivazioni orticole, mentre il ciclo delle scuole primarie è presente negli insediamenti più popolosi. Significativa è la Scuola Nazionale Florestan Fernandes a Guararema nello Stato di San Paolo che incentiva il diritto e forse anche il dovere di puntare ad una formazione elevata, fino ai maggiori livelli accademici. Dal punto di vista quantitativo il MST risolve il secolare problema delle campagne brasiliane? Certamente no: 185 cooperative, 120 agroindustrie, 190 associazioni, 400.000 famiglie insediate, 70.000 accampate (cioè in attesa di regolamentazione dei titoli fondiari) sotto il simbolico telone nero costituiscono un complesso significativo ma insufficiente. La conduzione della riforma agraria così come stabilita dalla Costituzione è di competenza dell’INCRA (Istituto Nazionale di Colonizzazione e Riforma Agraria), agenzia con 30 sovraintendenze regionali, al momento collocata nel Ministero dello Sviluppo Agrario, creata nel 1970 con il compito non solo di incentivare la riforma stessa, ma anche di redigere il catasto nazionale delle imprese agricole e di amministrare le terre pubbliche dell’Unione. Le due ultime funzioni sono di importanza strategica in quanto costituiscono prerequisiti indispensabili per poi operare sul terreno. La manipolazione delle modalità di accatastamento e titolazione è uno degli strumenti favoriti per facilitare l’accaparramento indebito e spesso fraudolento di estese glebe che formano latifondi senza confini. A seconda dei periodi l’azione riformatrice è stata più spedita o più lenta, ma in ogni caso il modello seguito è quello “tradizionale”, in cui il singolo contadino con il suo nucleo familiare si iscrive negli elenchi dei richiedenti (se si trova nelle condizioni che lo consentono) in un rapporto molto verticalizzato lungo un percorso complicato dal punto di vista amministrativo e spesso lungo o lunghissimo. Non è facile avere un quadro preciso degli insediamenti, della titolazione definitiva, degli abbandoni, dei risultati economici e sociali di quanto fatto. Comunque consultando il sito dell’INCRA è possibile farsi un’idea e cogliere alcuni indirizzi. Come evidente, INCRA e MST seguono strade molto diverse, soprattutto per quello che concerne il reale inserimento sociale pienamente riconosciuto e duraturo dei neo-insediati e non manca la tensione fra il secondo e l’esecutivo anche quando essi sono ideologicamente assai vicini. MST è oggetto di un odio incontrollato da parte della élite propaggine del latifondo, che non si è mai emancipata dal modo di produzione schiavista. Ne sono riprova da un lato i molti omicidi (raramente puniti dalla giustizia) di leader contadini, e dall’altro la recente Commissione parlamentare di inchiesta destinata ad indagare sull’azione del Gruppo Movimento dei Lavoratori senza Terra (MST), sul suo reale proposito, nonché sui suoi finanziamenti, votata dalla Camera in aprile 2023 e voluta dal gruppo dell’agribusiness latifondista più estremo in un parlamento spostato a destra come mai in precedenza, almeno dopo la ridemocratizzazione del 1988. In realtà tale iniziativa reazionaria non ha dato i risultati sperati dai promotori, cioè di incriminare l’intero movimento e avviare processi di condanna di massa (gli atti della commissione sono consultabili sul sito www2.camara.leg.br). Ma questo non impedisce allo stesso schieramento (che trova l’appoggio e il consenso della maggioranza del parlamento) di presentare proposte di legge estreme contro qualsiasi tipo di occupazione di spazi pubblici o privati da parte di movimenti che rivendicano l’uso sociale di terreni o edifici inutilizzati o fortemente indebitati dal punto di vista fiscale con l’erario. Oggi lo spazio extraurbano ha un ruolo insostituibile dal punto di vista ambientale e climatico, per la sovranità alimentare di comunità e stati, per costituire un antidoto di contenimento all’inurbamento che gonfia le megalopoli, e ormai anche le città medie, divenute ingestibili e crudeli. Ma una forte pressione pesa su queste aree: l’antico latifondo continua a rendere difficile o impossibile la vita dei contadini e ad esso si affianca l’espansionismo dell’agribusiness verso lande ancora poco antropizzate per sostituire gli abitanti di data remota con mandrie bovine o con mari di soia, entrambi avvolti da reti finanziarie e da carichi contaminanti di biocidi chimici e di processi di modificazione genetica. Senza parlare del land grabbing, quell’accaparramento fondiario promosso da governi e amministrazioni locali a favore di gruppi internazionali o paesi terzi che annienta le comunità. Ma non pochi sono quelli che potremmo chiamare interventi puntuali ma forieri di trasformazioni diffuse: bacini idrografici artificiali di grandi dimensioni e deviazione di corsi idrici destinati a irrigazione, energia elettrica, navigazione; coltivazione di miniere a cielo aperto; installazione di campi per produzione di energia solare ed eolica; infrastrutture di comunicazione e trasporto. Tali opere impiantate in luoghi rurali senza tenere conto del contesto possono avere una ricaduta devastante su spazi molto estesi. A titolo di esempio ricordo che, dopo cinque anni dal cedimento - il 25 gennaio 2019 - della diga del bacino di lagunaggio della multinazionale brasiliana Vale a Brumadinho nello stato di Minas Gerais (270 morti e dispersi), a distanza di 250 km le acque del Rio Paraopeba sono inutilizzabili per qualsiasi impiego. Che cosa succeda in luoghi isolati come le aree minerarie interne della Repubblica democratica del Congo non è dato sapere, né è controllato; possiamo però con orrore immaginarlo. MST fa parte di una rete internazionale di movimenti contadini organizzati, Via Campesina, fondata nel 1993 e che ha conquistato un posto alla tavola delle istituzioni internazionali raggiungendo, dopo molti anni di negoziazione, l’adozione da parte dell’Assemblea generale della Nazioni Unite di una dichiarazione sui diritti dei contadini/e e delle altre persone che lavorano in zone rurali (la traduzione italiana del documento è consultabile, tra gli altri, sul sito della Associazione Rurale Italiana (ARI). Via Campesina è presente in 81 paesi e rappresenta 200 milioni di piccoli produttori alimentari. Va ricordato che alcune delle lotte sociali più partecipate degli ultimi anni hanno avuto come protagonisti proprio contadini e braccianti, come ad esempio in India. A questi collegamenti internazionali si affiancano condivisioni nazionali con movimenti tematici, come in Brasile l’importante e competente MAB (Movimento dei colpiti da dighe), anch’esso affiancato da soggetti simili in altri paesi, fra cui gli Stati Uniti con l’International Rivers Network e il noto ecologista Patrick McCully. Le considerazioni qui riportate mi sembra che richiamino l’attenzione sull’importanza attuale del mondo contadino e del suo spazio. Tuttavia emergono alcune contraddizioni: da un lato la compresenza in uno spazio condiviso dei lavoratori rurali agevola forme associative così come era accaduto nella grande fabbrica fordista; dall’altro il relativamente limitato peso quantitativo degli stessi li rende politicamente poco rilevanti dal punto di vista del loro possibile consenso suscettibile di trasformarsi in voto elettorale; e questo riduce di molto l’eventuale successo delle loro richieste. Inoltre sappiamo che ormai il comportamento elettorale è modellato molto più da dipendenza e influenza delle reti sociali che dall’incidenza reale di determinate politiche sociali pubbliche. Ciò comporta, sembra a me, la necessità che altri ampi settori debitamente strutturati in diversi paesi affianchino a livello internazionale questi movimenti in grado di operare su temi e realtà di forte impatto e coinvolgimento, che forse in questo momento di preoccupazione climatico-energetica possono incontrare una attenzione meno distratta.

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Fonti: ABRA/Associação Brasileira de Reforma Agraria, abranacional.wordpress.com; mst.org.br; www.gov.br/incra/pt-br; movimento dos atingidos por barragens, hattps://mab.org.br; https://ww2.contag.org.br; https://viacampesina.org; Movimento Sem Terra 40 anni- 8 minutos https://vimeo.com/952586289?share=copy MST pubblica un quotidiano on line “Brasil de Fato”.