di Paolo Ferrero -
La considerazione avanzata dal presidente della Nazioni Unite Antonio Guterres al vertice egiziano quando ha detto che “la sola realistica base per una genuina pace e sicurezza consiste nella creazione di uno Stato palestinese” è sacrosanta. Si tratta di parole di buon senso, giuste e vere. Ma al vertice egiziano non hanno partecipato gli Stati Uniti ed Israele e la replica a Guterres è stata pronunciata in anticipo da Biden alcuni giorni fa in un discorso alla nazione.
Governo Usa e israeliano protagonisti di un osceno gioco delle parti, in cui gli Usa invitano alla moderazione salvo poi difendere ogni massacro posto in essere da Israele. Parole che suonano come un pieno assenso alla criminale scelta di Israele di massacrare il popolo palestinese attraverso l’invasione militare della striscia di Gaza.
Il discorso alla nazione tenuto giovedì da Biden dallo studio ovale è una vera e propria dichiarazione di guerra a chi non accetti la volontà degli Usa. Biden ieri ha detto chiaramente di essere disponibile a rischiare la terza guerra mondiale sia nello scenario ucraino che in quello mediorientale. E’ un discorso che fa paura e non è per nulla scontato per le forme, i contenuti, gli elementi su cui fa leva nell’argomentazione.
Innanzitutto la forma. Biden ha fatto sin qui un solo altro discorso alla nazione dallo studio ovale. Lo ha fatto poco dopo essere stato eletto e per presentarsi come il presidente di tutti gli statunitensi e non solo di chi lo aveva votato. Quello di giovedì è quindi un atto straordinario, non usuale e penso vada preso sul serio.
Per quanto riguarda i contenuti Biden ha messo sullo stesso piano Putin e Hamas affermando: “Hamas e Putin rappresentano minacce diverse, ma hanno un punto in comune: entrambi vogliono annientare completamente una democrazia vicina, annientarla completamente.” Sono perciò i nemici della civiltà occidentale e per questo “Non possiamo e non permetteremo che vincano terroristi come Hamas e tiranni come Putin. Mi rifiuto di lasciare che ciò accada”. Ha poi proseguito “In momenti come questi, dobbiamo ricordare: dobbiamo ricordare chi siamo. Siamo gli Stati Uniti d’America – gli Stati Uniti d’America. E non c’è niente, niente che vada oltre le nostre capacità se lo facciamo insieme” perché “Siamo, come ha detto la mia amica Madeleine Albright, la nazione indispensabile”. Non a caso “proprio come nella Seconda Guerra Mondiale, oggi, i lavoratori americani patriottici stanno costruendo l’arsenale della democrazia e servendo la causa della libertà.”
Biden ha quindi dipinto uno scenario in cui terroristi e tiranni hanno cominciato una guerra e questi, come nella seconda guerra mondiale, debbono essere sconfitti. Per gli Usa e per il suo sistema di alleanze, la vittoria – non il compromesso o la pace ma la vittoria – è decisiva: “Permettetemi quindi di spiegarvi perché garantire il successo di Israele e Ucraina è vitale per la sicurezza nazionale americana”.
A questo argomentare, che scimmiotta quello di Roosevelt del ’41 sulle 4 libertà, Biden non ha fatto seguire l’elenco delle cifre che propone al Congresso di stanziare. Queste sono state fatte trapelare da funzionari della Casa Bianca: oltre 100 miliardi di richiesta complessiva con 60 miliardi destinati a Kiev, 14 miliardi Tel Aviv; 7 Taiwan e così via… Uno stanziamento enorme anche per gli standard degli Usa: la cifra dedicata all’Ucraina è pari a 10 volte lo stanziamento che una decina di giorni fa è stato cancellato in sede di dibattito dal congresso degli Stati Uniti.
La scelta di questo discorso è quindi a tutti glie effetti quella dell’escalation nella guerra in Ucraina e della scelta di entrare in guerra a fianco di Israele se ritenuto necessario.
La scelta di Biden non è il disimpegno o la ricerca di un compromesso ma l’escalation militare alla ricerca della vittoria impossibile sul campo: questo significa un’escalation dal punto di vista delle armi messe a disposizione del governo ucraino. E’ del tutto evidente che questa escalation contempla in primo luogo la fornitura di missili con una gittata tale da poter raggiungere agevolmente le città russe. Come gli Usa hanno già cominciato a fare nelle ultime settimane. Non occorre essere un veggente per capire che una scelta di questo tipo è destinata ad avere risposte corrispondenti da parte Russa e la corrispondenza a questo punto difficilmente si fermerà al territorio ucraino. Dobbiamo essere consapevoli che una escalation militare delle dimensioni di quelle sottesa alle parole di Biden, non potrà rimanere confinata al territorio ucraino.
Quello di giovedì è quindi un discorso “fondativo” perché ridefinisce ulteriormente l’identità degli Stati Uniti non sul piano della coesione interna o delle sfide economiche e sociali dell’umanità ma sul terreno della sconfitta dei tiranni e dei terroristi, definizione che va molto oltre la Russia e Hamas. Trump era Make America Great Again e Biden è Make Great War Again. E’ un discorso che scegliendo l’escalation apre la porta agli scenari più foschi. Per questo oggi più che mai la parola d’ordine del cessate il fuoco, della tregua, della trattativa sono decisive e sono le uniche parole d’ordine sensate per aprire la strada ad un nuovo equilibrio di pace in Europa e alla soluzione della questione palestinese con la creazione di due Stati per due popoli.
Non la vittoria ma il compromesso, non il massacro ma il dialogo deve essere il nostro obiettivo, con l’obiettivo di costruire un mondo multipolare in cui la coesistenza pacifica sia la regola e non l’eccezione.