Frei Betto*
Per tutto il XX secolo, il nemico permanente è stato il comunismo. Combatterlo giustificava spese multimilionarie e persino colpi di stato in America Latina per instaurare dittature sanguinarie.
Con la caduta del Muro di Berlino e la scomparsa dell’Unione Sovietica, la Casa Bianca aveva bisogno di un nuovo obiettivo per evitare che la macchina bellica si fermasse. E non ci volle molto per trovarlo: il terrorismo. Con il vantaggio che non si trattava di un nemico che poteva essere localizzato geograficamente o sconfitto, come in una guerra tra Paesi. È un nemico da combattere permanentemente e che assicura la soddisfazione perenne dell’insaziabile appetito di Tezcatlipoca.
Nella seconda settimana del suo mandato, Trump ha dichiarato: “Ho firmato un ordine esecutivo per iniziare una grande ricostruzione delle agenzie militari degli Stati Uniti”. Il suo segretario alla Difesa, James “Mad Dog” Mattis, ha dichiarato al Washington Post che era necessario “esaminare come condurre operazioni contro non meglio identificati concorrenti vicini” (Chomsky 2022, p. 162). È ovvio che non si riferiva ai dischi volanti, ma alla Russia e alla Cina. Il 19 gennaio 2018 è stato più esplicito: “Mentre continueremo a promuovere la campagna contro i terroristi, nella quale siamo attualmente impegnati, la competizione tra grandi potenze, non il terrorismo, occupa ora il centro dell’attenzione della sicurezza nazionale statunitense”.
Secondo un rapporto del 2018 del Dipartimento della Difesa, gli Stati Uniti mantengono 625 basi militari ufficiali in Paesi stranieri. L’analista politico David Vine ha rivelato nel 2021 che, se si contano le basi clandestine, ci sono circa 750 basi militari statunitensi.
Quando era presidente dell’Ecuador, Rafael Correa chiese alla Casa Bianca il permesso di collocare una base militare ecuadoriana a Miami, nel caso in cui gli Stati Uniti avessero voluto continuare a mantenere la base aerea di Manta sulla costa del Pacifico (del suo Paese ndt). Manta è stata chiusa. Il bilancio militare statunitense (2023) è di 858 miliardi di dollari, il 35% del totale mondiale. Qual è lo scopo di tanto denaro sperperato in un mondo in cui vivono 3 miliardi di persone in povertà, di cui 821 milioni soffrono di fame cronica? Proteggere il modello di democrazia made in USA, cioè l’appropriazione privata del capitale. Secondo Chomsky, «Ogni volta che c’è stato un conflitto tra la democrazia e l’ordine, definito come la protezione dell’accumulazione di capitale da parte delle élite, gli Stati Uniti si sono schierati dalla parte di quest’ultimo» (2022, p. 153).
Questa ideologia perversa affonda le sue radici nel XIX secolo, quando James Madison, uno dei “padri fondatori della nazione”, dichiarò: “Nelle democrazie i ricchi devono essere preservati; non solo la loro proprietà non deve essere divisa, ma i loro redditi devono essere protetti”.
La difesa della proprietà privata (di pochi, ovviamente) e dell’accumulazione privata di capitale richiede anche una protezione interna. Da qui la principale arma ideologica del sistema: la paura! Paura del nero, paura dell’immigrato, paura di chi non è cristiano o ebreo, paura del povero.
Oggi, ciò che la Casa Bianca teme di più è che la Cina superi gli Stati Uniti nell’innovazione tecnologica e diventi egemone nel pianeta. Questo perché il gigante asiatico ha denaro sufficiente per investire nella ricerca, dal momento che non mantiene basi militari fuori dai suoi confini e spende solo 230 miliardi di dollari nel settore bellico. Ecco perché l’imperialismo sta provocando la Cina in tutti i modi possibili, cercando di costringerla a partecipare alla corsa agli armamenti, alla quale partecipano Russia e Stati Uniti.
Gli Stati Uniti vogliono disperatamente non perdere l’egemonia mondiale acquisita dopo la Seconda guerra mondiale, ma oggi, nel mondo multipolare, la Cina si impone come l’economia in grado di superare in un prossimo futuro gli Usa e l’arsenale nucleare della Russia supera quello degli Stati Uniti.
La Casa Bianca è indignata per l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Sostiene che mancava il consenso delle Nazioni Unite. Che cinismo! Gli Stati Uniti hanno invaso la Russia nel 1918, senza successo. E senza il consenso del Consiglio di Sicurezza dell’ONU hanno invaso Santo Domingo nel 1965; hanno invaso e bombardato i territori del Vietnam e della Cambogia per tutti gli anni ’60; hanno invaso il territorio della Somalia nel 1993 (300.000 morti); dell’Afghanistan nel 2001 (180.000 morti), dell’Iraq nel 2003 (300.000 morti); della Libia nel 2011 (40.000 morti); della Siria nel 2015 (600.000 morti); e infine dello Yemen, dove sono già morte circa 240.000 persone (Fiori, 2023).
Chi protesta contro l’occupazione statunitense di Porto Rico dal 1898, di Guantánamo a Cuba dal 1903 e contro il blocco di Cuba che dura da oltre 60 anni?
Per la Casa Bianca, la probabile sconfitta dell’Ucraina per mano della Russia sarà amara. Biden dovrà ingoiare duro, sapendo che ciò influirà sulla sua rielezione l’anno prossimo. Sa che l’unica reazione “all’altezza” sarebbe catastrofica per l’umanità: il confronto nucleare.
Anche i Paesi dell’Unione Europea, monitorati dagli Stati Uniti attraverso la NATO, sanno che la guerra della Russia contro l’Ucraina è un pantano in cui si sono cacciati. Non sanno come uscirne. E la cosa più grave: le sanzioni imposte alla Russia non hanno avuto alcun effetto sul Paese. Al contrario, il rublo si è rafforzato. E diversi Paesi europei, a partire dalla Germania, erano già irritati per le esplosioni che nel settembre 2022 hanno distrutto i gasdotti Nord Stream 1 e 2 nel Mar Baltico, che li rifornivano di gas naturale. Ora l’irritazione ha lasciato il posto alla furia: non sono stati i russi a interrompere la fornitura, ma la CIA è stata responsabile del sabotaggio.
Qui in Occidente conosciamo la narrazione del cacciatore, non della lepre. Le fantasie di Hollywood e di Walt Disney ci convincono che per la Casa Bianca la libertà non è solo il nome di una statua tra New York e il New Jersey. E moltissime persone credono ai discorsi falsi dello Zio Sam. Tra l’altro, perché in questo lato occidentale del mondo conosciamo poco la versione del lato orientale.
*Teologo e scrittore brasiliano, è l’autore, tra gli altri libri, di Paradiso perduto.