di Luciano Ardesi -
Il XVI° Congresso del Fronte Polisario, il movimento di liberazione del Sahara Occidentale, si è svolto dal 13 al 20 gennaio a Dakhla, uno dei campi profughi che accolgono i rifugiati sahrawi nel deserto algerino a sud della città di Tindouf. Si è trattato di un Congresso con discussioni intense e aperte, poiché i lavori sono durati tre giorni più del previsto. Il contesto in cui i lavori si sono tenuti spiega la necessità di un confronto vero. È stato infatti il primo congresso da quando, nel novembre 2020, il Marocco ha rotto la tregua che durava dal settembre 1991, e che ha visto il Polisario rispondere con la ripresa della resistenza armata.
La guerra è stata del resto uno dei temi più dibattuti. C’è la richiesta di dotarsi di mezzi più importanti affinché la resistenza sia più efficace, incisiva e si faccia sentire di più, poiché dalla parte del Marocco è stata scelta la politica del silenzio assoluto. Lo stesso silenzio che Rabat fa calare sulla violazione dei diritti umani nei territori occupati, dove le manifestazioni sono sistematicamente vietate, gli arresti degli attivisti proseguono con metodi brutali.
Tutto ciò avviene di fronte allo stallo dell’iniziativa delle Nazioni Unite: il referendum di autodeterminazione non viene più evocato, e l’inviato del Segretario generale dell’Onu, il diplomatico italo-svedese Staffan de Mistura, sembra impotente di fronte all’intransigenza del Marocco.
Nella sua relazione introduttiva Brahim Ghali, il Segretario generale uscente del Polisario, aveva chiesto alla comunità internazionale che esiga la liberazione di tutti i prigionieri politici sahrawi, e la fine dello sfruttamento delle risorse naturali da parte del Marocco. Una certa preoccupazione è stata espressa per la situazione dei campi profughi, dove gli aiuti umanitari delle agenzie internazionali sono stati ridotti.
L’unica nota positiva è che il Congresso si è tenuto in assenza di nuovi contagi da Covid 19 dall’inizio dell’anno. Una particolare attenzione è stata data al dibattito sull’educazione, poiché si tratta di formare i futuri quadri del paese. I giovani, del resto, chiedono di contare di più, e da questo punto di vista il Congresso non ha colto del tutto le loro aspirazioni.
Il Segretariato nazionale, che dovrà orientare il Polisario per i prossimi tre anni, eletto al termine dei lavori, vede nella stragrande maggioranza la conferma dei leader storici del Fronte, e una presenza fortemente minoritaria di donne, sei su 27 componenti. Come largamente previsto è stato confermato il Segretario generale uscente, Brahim Ghali, eletto per la prima volta nel 2016, che ha prevalso sull’altro candidato Bachir Mustafa Sayed, fratello del fondatore nel 1973 del Polisario El Wali Mustafa Sayed, caduto in battaglia.
Si è trattato di una competizione vera, Ghali ha prevalso col 69% dei voti validi. Il Segretario generale è automaticamente anche il presidente della Rasd, la Repubblica Araba Sahrawi Democratica, proclamata da El Wali nel febbraio 1976. Ai lavori hanno partecipato oltre duemila delegati e circa 300 invitati stranieri in rappresentanza di governi, parlamenti, associazioni e partiti amici del Sahara Occidentale. È stata l’occasione per esprimere una larga solidarietà al popolo sahrawi da tutti i continenti, e per denunciare le scelte di taluni governi, in primo luogo quello spagnolo di Pedro Sanchez che, cedendo al ricatto di Rabat in materia di immigrazione, ha deciso di appoggiare il piano di autonomia proposto dal Marocco, che nega il diritto all’autodeterminazione di quella che è l’ultima colonia d’Africa. Gli attivisti sahrawi per i diritti umani, che avevano partecipato al Congresso e denunciato la repressione, sono stati oggetto di angherie al loro rientro nei territori occupati dal Marocco.
Il Congresso del Polisario si è tenuto in piena esplosione di quello che i sahrawi preferiscono chiamare ‘Maroccogate’, che coinvolge alcuni deputati del Parlamento europeo. Per i sahrawi hanno trovato conferma le numerose denunce che in questi anni avevano fatto nei confronti delle istituzioni europee. Il Tribunale e la Corte di giustizia dell’Unione europea hanno più volte annullato quella parte degli accordi economici tra Ue e Marocco, in particolare in materia di pesca, che comprendono le risorse naturali e le acque del Sahara Occidentale, poiché non appartengono al Marocco. Finora le istituzioni europee, Parlamento compreso, hanno ignorato queste sentenze. L’auspicio è che finalmente l’Ue prenda in conto le sue gravi violazioni del diritto comunitario e internazionale.
Fonte: https://www.sinistrasindacale.it/images/numero02_2023/SinistraSindacale02_2023.pdf