Il 17 aprile lo Stato turco ha lanciato una nuova campagna militare volta ad occupare le aree di Şikefta Birîndara, Kurêjaro (Kurazhar) e Çiyayê Reş nella regione dello Zap nel Kurdistan meridionale. In questa campagna transfrontaliera illegale le forze armate turche hanno utilizzato artiglieria pesante, aerei da guerra, droni ed elicotteri e il trasporto aereo di forze di terra in elicottero nella regione come parte di un’offensiva di terra parallela. Anche nel Rojava e nella Siria settentrionale e orientale si sono intensificati gli attacchi aerei turchi contro i curdi.
Parallelamente all’invasione turca nel Kurdistan del Sud (Nord Iraq) e gli attacchi continui della Turchia al Rojava, l’esercito iracheno ha aumentato massicciamente la sua presenza militare nell’area di insediamento degli yazidi e sta attaccando gli yazidi sopravvissuti nel 2014 al genocidio dello Stato Islamico per smantellare la loro amministrazione autonoma e le proprie strutture di autodifesa. Un sistema organizzativo per dare alla gente la possibilità di non dover lasciare la propria patria e di essere in grado di difendersi. Lo stesso esercito iracheno che ha abbandonato gli yazidi al massacro, oggi tenta di imporre un nuovo ordine sugli yazidi senza una soluzione discussa con l’amministrazione localedi Sinjar. Tutto ciò avviene con la complicità del partito di Barzani il KDP ed il governo centrale iracheno di Mustafa al-Kadhimi
Il portavoce del Partito per la giustizia e lo sviluppo (AKP) Ömer Çelik ha citato l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, che definisce il “diritto all’autodifesa” il che significherebbe che l’integrità nazionale e territoriale della Turchia è minacciata. Viene oscurato all’opinione pubblica mondiale che non ci siano notizie riguardanti attacchi reali o provocazioni militari contro la Turchia.
Attraverso la guerra invece la Turchia sta cercando di imporre il suo predominio politico e militare fino a Mosul e Kirkuk, e punta a raggiungere i confini del Patto Nazionale (“Misak-ı Milli” ratificato nell’ultimo parlamento ottomano), il sogno di un secolo.
Il presidente fascista turco Erdogan ha dato l’ordine per questo attacco poiché presume che l’attenzione della comunità internazionale sia completamente concentrata sulla guerra in Ucraina. Vuole quindi trarre vantaggio dalla situazione attuale e portare a termine l’ennesimo attacco contro il popolo curdo. Questa guerra di occupazione mostra ancora una volta che Erdogan sta cercando di manipolare la comunità internazionale affermando che sta lavorando per raggiungere la pace e la stabilità in Ucraina.
Le operazioni in corso non sono solo una guerra al PKK, ma anche un chiaro attacco ai civili nelle regioni del Kurdistan in Turchia, Iraq e Siria. L’obiettivo principale e la convinzione ideologica di Erdogan è destabilizzare la regione, occupare il Kurdistan e compiere un genocidio contro il popolo curdo. Pertanto è importante riconoscere che il nuovo attacco al Kurdistan meridionale mira a occupare il Kurdistan meridionale nel suo insieme, comprese le regioni ricche di petrolio di Mosul e Kirkuk, costituendo così una chiara violazione di tutte le norme legali, morali e internazionali.
È ancora una volta accettato silenziosamente che la Turchia, uno stato membro della NATO, stia attaccando i curdi e violando i loro diritti umani. Mentre l’invasione russa dell’Ucraina è stata giustamente e rapidamente condannata e sanzionata, l’aggressione della Turchia contro i curdi è stata invece tollerata per decenni dai Paesi occidentali. Non si discute di sanzioni contro l’alleato della Nato, nè i curdi possono sperare in vie di fuga sicure e su di una protezione di base quando fuggono dalle città assediate o dai bombardamenti turchi.
Sostenuta da consegne regolari di armi e di nuova tecnologia da diversi paesi europei e della Nato, la Turchia sta facendo in Kurdistan ciò che la Russia fa in Ucraina: combattere continuamente un’intera popolazione e attraverso diversi confini nazionali. Queste due situazioni vengono invece definite “l’invasione russa dell’Ucraina” e la “presenza turca in Siria”. Le stesse pratiche di aggressione costituiscono una guerra in un caso e un’operazione militare in un altro. Gli ucraini sono considerati vittime della guerra, ma nei casi di attacchi ai curdi si parla solo di terroristi e di postazioni del PKK e non delle popolazioni civili.
Con le recenti celebrazioni del Newroz del 21 marzo oltre 10 milioni di curdi nel Kurdistan settentrionale e in Turchia hanno inviato un chiaro messaggio a Erdogan che non si sarebbero piegati alla sua brutalità o alla sua politica di annientamento. Milioni di curdi hanno riproposto alla Turchia un percorso verso la pace e riaffermato che la libertà del leader del popolo curdo Abdullah Öcalan è un elemento centrale per la soluzione della questione curda, per la pace e la democrazia per tutti i popoli del Medio Oriente. Nonostante tutto questo dopo le celebrazioni del Newroz, le torture e gli omicidi di prigionieri politici curdi sono aumentati, così come gli attacchi alle sedi del Partito democratico dei Popoli (HDP) e gli arresti di attivisti politici, sindacali e di esponenti della società civile.
La rottura dell’isolamento e la libertà del leader del popolo curdo Abdullah Ocalan, l’ispiratore del modello del Confederalismo democratico, sono una condizione più che mai necessaria per la pace e la soluzione del conflitto. Nonostante egli sia deprivato dei suoi più basilari diritti e libertà fondamentali, ha ribadito più volte di essere in grado di trovare una soluzione politica alla questione curda e al conflitto per un futuro di pace per tutti i popoli del Medio Oriente.
Dobbiamo rompere il silenzio sull’invasione turca del Kurdistan meridionale e agire!
- Chiediamo a tutti i governi e alle organizzazioni internazionali, comprese le Nazioni Unite, la NATO, l’UE, il Consiglio d’Europa e la Lega araba, di intraprendere un’azione urgente contro questa violazione del diritto internazionale, di condannare inequivocabilmente questo crimine di aggressione e di chiedere che la Turchia ritiri le sue truppe dal Kurdistan meridionale
- Chiediamo ai partiti politici, alle organizzazioni per i diritti umani, alle organizzazioni per la pace, ai sindacalisti e agli attivisti di opporsi a questa aggressione della Turchia.