di Lucio Manisco -
Il 19 giugno del corrente anno Lord Burnett, Lord Kitchin e Lord Burrow della Corte Suprema dell’Inghilterra, del Galles e dell’Irlanda del Nord convenuti con il consenso del Premier Boris Johnson di sua Maestà Britannica si sono dati convegno con le loro parrucche d’argento per perpretare un’infamia. Nell’austero edificio tra Westminster Abbey e Big Ben – che aveva ospitato il ” Lord Protector” Oliver Cromwell prima della sua decapitazione, i tre Lord hanno decretato sempre in nome della Corona che Julian Assange deve essere estradato e consegnato al boia americano (la condanna prevista è di 141 anni).
Il reato del direttore dell’agenzia Wikileaks è giornalismo di primissimo ordine ed ha pertanto mobilitato i giornalisti di mezzo mondo, tranne ovviamente quelli italiani, per i quali si trattava e si tratta di cronaca giudiziaria straniera e il loro rappresentante sindacale si occupa solo di antimafia. E’ giusto commemorare nel nostro paese i colleghi uccisi nell’adempimento dei loro doveri. Ma è osceno tenere per circa dieci anni in galera il fondatore di Wikileaks che aveva fornito dati e informazioni inedite alla TV e alla carta stampata del mondo intero – come la ripresa televisiva di civili irakeni ammazzati girata da giubilanti piloti di un elicottero americano. Noi stavamo da quelle parti, arrivavamo sui cadaveri di donne e bambini, ma non disponevamo di riprese televisive di quei crimini di guerra.
Ecco perché celebriamo Julian Assange, macilento e malato per il trattamento ricevuto in un carcere di massima sicurezza di S.M. Britannica, un combattente per i diritti di un’informazione libera, documentata e veritiera, che sta per essere incatenato e consegnato ai carnefici d’oltre atlantico.
Fonte: Facebook