Teresa Isenburg
Provo a comunicare alcune informazioni su quanto accade in Brasile in questi giorni e settimane in cui l’attenzione è ovviamente volta soprattutto verso occidente. A livello istituzionale l’esecutivo mantiene una posizione di neutralità in rapporto al conflitto che contrappone Russia e Ucraina. Tuttavia le sanzioni euro-statunitensi contro la Russia ricadono pesantemente sul Brasile, in particolare per la quotazione del petrolio e dei suoi derivati e per l’incertezza relativa al prezzo e all’approvvigionamento di fertilizzanti. In realtà lo scompiglio in questi due settori deriva in buona parte dalle scelte di politica economica indirizzate dall’idolatria del mercato che ha dominato il periodo 2016-2022 con i governi di Michel Temer dopo la deposizione incostituzionale della presidente Dilma Rousseff e di Jair Bolsonaro salito al potere con un’elezione manipolata. Dal 2016 infatti la dirigenza della Petrobrás adotta il PPI/ Prezzo di parità di importazione che vincola il prezzo riscosso nelle raffinerie alle oscillazioni nella quotazione del barile di petrolio sul mercato internazionale. Il profitto della compagnia nel 2021 è così giunto a R$ 106,6 miliardi, 101,4 dei quali sono stati ripartiti fra gli azionisti (FUP - Federação Única dos Petroleiros https://fup.org.br). Ma in parallelo benzina, diesel e gas da cucina hanno continuato e continuano ad aumentare per i consumatori, trascinando intere catene produttive e alimentando l’inflazione che è ormai a due cifre. Durante il processo di privatizzazioni devastanti realizzate a prezzi stracciati negli ultimi sei anni, sempre nella principale multinazionale brasiliana, la Petrobrás, sono stati disattivati in particolare i rami della raffinazione del greggio, della petrochimica, dei fertilizzanti, accrescendo in modo esponenziale la dipendenza dall’importazione. In un’ottica di breve scadenza per approfittare di corsi temporaneamente bassi sono scomparsi, con la chiusura di tre grandi fabbriche, settori strategici come quello dei fertilizzanti indispensabile per il settore agroindustriale, area di grande peso nell’economia del paese, che oggi vive un momento di estrema incertezza. A questi problemi non piccoli vengono date dall’esecutivo risposte superficiali e dettate dagli interessi elettorali del presidente che ha come unica bussola di non perdere consensi. Infatti al momento la scena politica è dominata dai movimenti di tutte le forze in campo in vista delle elezioni politiche di ottobre 2022. Così per contenere l’ascesa dei prezzi energetici si prevede qualche ondivago intervento di calmieramento che peraltro si riflette sulla borsa, mentre per i fertilizzanti, oltre a vuote parole rassicuranti, si cerca di sfruttare in modo opportunistico la situazione accelerando lo scellerato progetto anticostituzionale di aprire alla coltivazione mineraria le terre indigene. Come ha dichiarato Joenia Wapichana, prima e unica deputata federale indigena, “ tutto quello che Bolsonaro ha sognato di sfruttare in terre indigene si trova nel progetto di legge (dell’esecutivo) 191”. Quella che si definisce emergenza viene utilizzata per tentare di realizzare il vecchio vagheggiamento economico e razzista della élite degli agrari e degli accaparratori dei beni ambientali di appropriarsi delle terre pubbliche (oggi in qualche modo tutelate nelle terre indigene e nelle unità di conservazione) e di eliminare gli odiati popoli ancestrali. Il momento è dunque assai difficile e pieno di minacce e il confronto elettorale dei prossimi mesi si profila molto duro e incerto nei risultati. L’élite legata alla rendita ha da difendere interessi materiali molto consistenti e che non intende perdere: basta considerare che nel 2021, nell’anno peggiore della pandemia con il suo corteo di morti e sofferenze, le quattro principali banche del paese (Itaù, Bradesco, Banco do Brasil, Santander) hanno visto crescere i profitti del 32,5% rispetto al 2020 raggiungendo 81,6 miliardi di R$ (https://economatica.com), mentre fra novembre 2020 e novembre 2021 il reddito del lavoratore è sceso dell’11,4% secondo l’Istituto brasiliano di geografia e statistica/IBGE. Specularmente l’indice di indebitamento delle famiglie è il più alto degli ultimi 12 anni. La concentrazione dei redditi rimane elevatissima:1% più ricco della popolazione detiene 27% del reddito complessivo. A titolo di confronto si può indicare che nella Russia sanzionata il piccolo gruppo di privilegiati (1%) controlla il 22% della ricchezza complessiva. Dal lato delle notizie positive va ricordato che a inizio marzo 2022 Luiz Inácio Lula da Silva è stato assolto nell’ultimo dei 25 processi, denunce, indagini mosse contro di lui negli anni recenti per riuscire a toglierlo dalla scena politica. Adesso i suoi avvocati iniziano le cause in tribunale contro i suoi persecutori e questa potrà anche essere una opportunità per discutere la questione della riorganizzazione del potere giudiziario che la Costituzione del 1988 non ha potuto affrontare nel contesto dei rapporti di forza di quel periodo. Rimane invece ancora senza risposta dopo quattro anni la domanda: Chi sono i mandanti dell’assassinio di Marielle Franco? Ma la domanda viene sempre più spesso ripetuta pubblicamente, mettendo anche in questo caso in forse la certezza dell’impunità che i gruppi dominanti considerano un diritto per loro acquisito. Precedenti articoli sul Brasile in www.latinoamerica.online.it