Gregorio Piccin *
Ieri ha aperto i battenti la più grande esercitazione militare a guida statunitense dalla “fine” della guerra fredda, con ciò lasciando ben intendere che la versione 2.0 di essa è in pieno svolgimento ed è molto più “calda” della prima.
Defender Europe 2021 (DE 21), che vede la partecipazione di 28 mila effettivi di 26 Paesi (non solo membri della Nato), avrà un costo annunciato di mezzo miliardo di dollari. Costo ampiamente sottostimato se si considera che l’esercitazione, che proseguirà fino a giugno, prevede operazioni simultanee in 30 diverse località di 12 Paesi coinvolgendo una vasta area geografica dai Balcani al Baltico, dal Mar Nero al Nord Africa, il trasferimento di migliaia di soldati dagli Stati uniti e lo spostamento di mezzi militari pesanti da Italia, Germania e Olanda verso i teatri operativi.
L’edizione dello scorso anno, che di effettivi ne prevedeva 37.000, è stata fortemente ridimensionata dallo scoppio della pandemia lasciando praticamente a “bocca asciutta” gli alti comandi Usa-Nato che intendevano testare in maniera massiccia tutte le capacità operative nel quadro di una “Shengen militare” in fase di costruzione e perfezionamento anche attraverso il Military Mobility Project, uno dei 47 progetti europei in ambito Pesco (Permanent Structured Cooperation) a cui gli Stati uniti hanno chiesto espressamente di partecipare.
Non si capisce cosa sia cambiato rispetto allo scorso anno rispetto alla situazione pandemica, ma tant’è. Verranno finalmente testate le capacità logistiche dell’alleanza, ma soprattutto le capacità dei Paesi ospitanti di sostenere la pressione esercitata da una enorme movimentazione di mezzi militari, materiali e uomini attraverso strade, autostrade, ferrovie, aeroporti ma soprattutto porti.
Il generale americano Tod Walters, alla guida del comando Usa in Europa, nel suo intervento alla cerimonia inaugurale di DE 21 al porto albanese di Durazzo, non a caso ha tirato in ballo proprio lo sbarco alleato in Normadia nel giugno 1944: "Il D-Day ci fa ricordare quanto sia difficile questo test” sottolineando come "l'obiettivo è dimostrare la nostra capacità in contemporanee operazioni in differenti paesi, sfruttando tutte le nostre forze contro un rivale in un simulato conflitto di alto interesse”.
Walters si trovava a Durazzo perché l’Albania ospiterà il comando dell’esercitazione ed è proprio sulle sue coste che è previsto il maggiore sbarco militare avvenuto in Europa dalla Seconda Guerra mondiale.
Il premier albanese Rami, gongolante per la “prestigiosa” ribalta atlantica, ha voluto spavaldamente sottolineare come, oltre all’obiettivo indicato da Walters, DE 21 servirà "anche a dare a tutta la regione, e persino oltre, un messaggio molto chiaro a chi ha bisogno di risposte dirette sulla nostra ferma posizione all'interno dell’Alleanza".
La Nato è all’attacco, non da ieri ovviamente, ma mettendo a sistema gli ultimi decenni di espansione verso est (arrivando a bussare direttamente alle porte della Russia) e la relazione molto speciale con la “grande Albania” conquistata bombardando la Jugoslavia e staccandone un pezzo, il Kosovo, che infatti parteciperà all’esercitazione sia con propri effettivi, che mettendo a disposizione il suo territorio per le operazioni.
DE 21, e nei piani pre-pandemici la sua edizione dello scorso anno, fa parte di quelle grandi e costosissime esercitazioni di “alto profilo”, che la Nato ha deciso di mettere in campo in Europa per contenere la presunta aggressività della Russia come la Trident Juncture in Norvegia e nel Mar Baltico e la Dynamic Manta nel Mediterraneo. Gli Stati Uniti, tra l’altro, imbastiscono analoghe esercitazioni anche nel Pacifico in funzione anti-cinese, con altri partner e una declinazione meno terrestre.
Come avviene per qualsiasi cosa faccia la Nato, anche la scelta di cimentarsi in manovre continentali di questo tipo risponde alle esigenze strategiche degli Stati Uniti che, nel caso specifico, hanno da tempo sostituito il nemico di turno: se prima eravamo tutti coinvolti nella guerra permanente contro il terrorismo oggi dobbiamo tutti fronteggiare la grande minaccia russa e cinese. Eppure, secondo il Sipri, chi tira la carretta della corsa agli armamenti è proprio il blocco euro-atlantico, che con le sue multinazionali di bandiera controlla l’80,4% del mercato mondiale delle armi e dei sistemi d’arma. Chi minaccia chi?
Secondo Chomsky gli Stati Uniti sono il più pericoloso Stato canaglia e la più grave minaccia alla pace e alla distensione…E così l’Europa nella Nato.
*Resp. Dipartimento Pace PRC-SE
Fonte: Il Manifesto