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Senegal in fiamme
di Giovanni Santini Il Senegal è in fiamme. La scintilla che ha fatto scoppiare i disordini è stato l’arresto, con l’accusa di stupro, di Ousmane Sonko, il principale oppositore dell’attuale Presidente della Repubblica Macky Sall. È opinione comune in Senegal che l’accusa sia stata pilotata, frutto di un complotto contro colui che sta acquisendo sempre più consenso, rivendicando gli interessi nazionali, troppo trascurati per favorire quelli stranieri, essenzialmente francesi, e per l’arricchimento indebito di classi politiche corrotte. Tanto è vero che dal fatto giudiziario specifico, le proteste sono degenerate in saccheggi e distruzione dei supermercati Auchan, francesi, e delle stazioni di servizio Total, francesi. Nel caos che si è creato, le forze dell’ordine sparano anche ad altezza d’uomo (si contano già’ diversi morti e molti feriti) ed i manifestanti e delinquenti comuni infiltrati, bruciano e saccheggiano tutto ciò che si trovano di fronte. Il Senegal è un Paese a forte tradizione democratica. Dal 1960, anno dell’indipendenza dalla Francia, si sono succeduti solo quattro presidenti, tutti eletti e rieletti in elezioni regolari e conformi ai dettami della Costituzione. Il primo Presidente, Léopold Sedar Senghor, intellettuale e poeta, è stato rieletto per vent’anni. Formatosi in Francia, di cui fu anche deputato dell’Assemblea Nazionale, pur propugnando la riscoperta e valorizzazione della cultura africana, mantenne il Paese sotto l’egida francese, senza uno sviluppo economico autonomo. Il suo successore, Abdou Diouf, tenta di dare slancio all’economia del Paese attraverso una riorganizzazione amministrativa e lo sviluppo tecnologico ma sempre seguendo le indicazioni del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. Il Senegal resta un Paese povero con un’economia basata quasi esclusivamente sulla produzione ed esportazione delle arachidi. Con gli ultimi due Presidenti, Abdoulaye Wade e l’attuale, Macky Sall, il Senegal ha conosciuto uno sviluppo soprattutto a livello di infrastrutture, senza che la maggior parte della popolazione ne abbia sentito effetti benefici nelle sue difficoltà quotidiane e con un notevole incremento dell’affarismo e della corruzione. Non può meravigliare che una vicenda di cronaca, come l’affaire Sonko abbia portato in superficie tutto il malcontento che serpeggia da tempo nella società senegalese e l’avversione verso la potenza occidentale che continua a fare il bello ed il cattivo tempo. Soprattutto i giovani, i protagonisti delle rivolte di questi giorni, non vedono prospettive se non quella di andare ad aumentare, legalmente o illegalmente, la già numerosa diaspora all’estero. Vedere oggi l’esercito nelle strade di Dakar e sentire vociferare che i vertici militari sono pronti a tutto pur di mettere fine ai disordini, fa un certo effetto e genera molta preoccupazione nella società senegalese e nella vasta comunità internazionale. Ma la popolazione senegalese è fondamentalmente pacifica. Molte voci si stanno levando in queste ore per un ritorno alla calma e probabilmente questo avverrà presto. Rimane però il monito per l’attuale classe dirigente e per quella futura. Il popolo senegalese ama vivere pacificamente ma non è disposto a tollerare ancora a lungo il neocolonialismo economico e politici asserviti ad esso per i propri interessi personali.