Di Ramzy Baroud
E quando tutto questo finirà, pensa alla Palestina, perché il suo popolo è confinato da 71 anni e continua ad essere confinato…
Che si chiami “quarantena”, “confinamento”, “isolamento” o “coprifuoco”, noi Palestinesi l’abbiamo sperimentato, anche se in maniera non volontaria. Io, personalmente, ho praticamente vissuto i primi 23 anni della mia vita in “stato d’emergenza”; molto prima, mio padre ha vissuto in “quarantena”, come suo padre che ha vissuto “confinato” prima di lui. Sono morti entrambi e li abbiamo sepolti in cimiteri di Gaza senza che avessero mai goduto di vera libertà fuori dal loro campo di rifugiati a Gaza.
La quarantena che c’è adesso nella Striscia di Gaza ha un nome diverso, la chiamiamo “assedio” ed è nota anche come “blocco”; di fatto, tutta la Palestina è in stato di “blocco” dalla fine degli anni Quaranta, quando Israele si è trasformata in uno Stato e i colonialisti sionisti hanno cancellato, con il sostegno dei loro benefattori occidentali, la Patria palestinese. Il blocco si è inasprito nel 1967, quando Israele, divenuto un potente Stato dotato di un grande esercito e di alleati importanti, occupò il resto della Palestina: Gerusalemme Est, la Cisgiordania e la Striscia di Gaza.
Sotto il blocco, la libertà di movimento dei Palestinesi è stata ristretta al punto che abbiamo avuto bisogno di permessi dell’esercito israeliano per uscire dai territori occupati o per tornare a casa, per spostarci da una città ad un’altra e, a volte, persino per attraversare un semplice posto di controllo militare israeliano o un muro fortificato.
In Palestina non chiamiamo il nostro confinamento “stato d’emergenza”, ma “occupazione militare” e “apartheid”; l’”isolamento” lo chiamiamo in un altro modo: “coprifuoco militare”.
Da quando ero bambino, ho imparato ad ascoltare attentamente gli ordini degli ufficiali militari israeliani, quando percorrevano il nostro campo di rifugiati a Gaza dichiarando o togliendo i coprifuoco militari; questo rituale era eseguito generalmente di sera: “Gente di Nuseirat, per ordine dell’esercito israeliano siete ora sotto coprifuoco. Chiunque violi gli ordini sarà fucilato immediatamente”. Queste frasi terribili, sempre attraverso un altoparlante, in un arabo stentato, erano ricorrenti durante la prima sollevazione palestinese, la Prima Intifada del 1987.
Il periodo tra il 1987 e il 1993, l’abbiamo vissuto quasi tutto come uno “stato d’emergenza”; migliaia di persone, in maggioranza minorenni, sono finite assassinate per non avere rispettato le regole dell’incarcerazione collettiva. A Gaza, anche quando non c’era il coprifuoco militare completo, raramente uscivamo dai nostri piccoli ed affollati quartieri e tantomeno dai nostri campi di rifugiati; tutti eravamo tormentati dalla paura di non riuscire a tornare a casa entro le 20,00, l’ora limite stabilita dall’esercito israeliano per la nostra reclusione.
Ogni giorno, dieci o quindici minuti dopo lo scoccare del coprifuoco notturno, sentivamo crepitare le armi e fischiare i proiettili da diverse distanze; automaticamente, giungevamo alla conclusione che qualche povera anima, un lavoratore, un professore o un giovane ribelle aveva ritardato qualche minuto e ne aveva pagato il prezzo.
Ora che quasi la metà della popolazione del pianeta Terra sta sperimentando qualche forma di “coprifuoco” o simili, mi piacerebbe condividere alcuni suggerimenti su come sopravvivere a un prolungato confinamento, alla maniera palestinese.
1. Pensa al futuro
Siccome sapevamo che il confinamento completo o il coprifuoco militare sarebbero stati decretati sempre, cercavamo di anticiparne l’intensità e la durata e per questo ci preparavamo: per esempio, quando l’esercito israeliano ammazzava uno o più rifugiati, sapevamo in anticipo che ci sarebbero state proteste popolari e, pertanto, altri morti; in queste situazioni sapevamo già che il coprifuoco era imminente.
La priorità numero uno era assicurarsi che tutti i membri della famiglia si riunissero in casa o restassero nelle vicinanze per potervi entrare il più rapidamente possibile quando la colonna di jeep e carri armati militari israeliani fosse arrivata con il suo frastuono e aprendo il fuoco contro qualsiasi persona o cosa fosse a tiro..
Lezione numero uno: Gioca d’anticipo e preparati per un isolamento più lungo di quanto dichiarato inizialmente nella tua città o nel tuo Stato.
2. Mantieni la calma
Mio padre aveva un caratteraccio, pur essendo molto di buon cuore; quando stava per iniziare il coprifuoco, entrava quasi nel panico: fumatore incallito, siccome aveva una paura ossessiva, anche se razionale, che qualcuno dei suoi cinque figli finisse ammazzato, tornava a casa di corsa, senza sapere poi cosa fare.
Come al solito, razionale e calcolatrice, interveniva mia madre: irrompeva in cucina per vedere cosa mancasse tra i prodotti fondamentali, a cominciare da farina, zucchero e olio d’oliva; sapendo che la prima cosa che gli Israeliani tagliavano erano le forniture di acqua ed elettricità, riempiva d’acqua vari recipienti di plastica, destinandone alcuni per il the, il caffè e per cucinare e altri per lavare stoviglie e vestiario.
Seguendo i suoi ordini, andavamo di corsa al negozio vicino a comprare alcune cose indispensabili: batterie per la torcia e per la radio a transistor, sigarette per mio padre e qualche videocassetta che avremmo guardato e riguardato se il coprifuoco fosse durato giorni o settimane.
Lezione numero due: Assumi il controllo della situazione, non entrare nel panico e assegna responsabilità concrete a ciascun membro della famiglia; questo rafforza l’unità famigliare e prepara lo scenario per la solidarietà collettiva, così necessaria in tali circostanze.
3. Risparmia acqua
Su questo, devo insistere; anche se siete convinti che non vi sarà un’imminente crisi dell’acqua, non rischiate. È facile pensare di essere infallibili e che dal primo giorno di confinamento o di coprifuoco militare avrete tutto sotto controllo, ma quante volte abbiamo dovuto rammaricarci di quella falsa sensazione che ci faceva credere di essere pronti, perché finivamo per bere troppo the o per sprecare acqua lavando troppo spesso le stoviglie! Se ti capita una cosa del genere, hai un problema, specialmente se è estate e non puoi contare sull’acqua piovana per compensare la carenza.
Anni dopo la fine dell’Intifata, nostro padre ci rivelò che molte volte, lui e la mamma, utilizzavano come acqua potabile quella piovana raccolta in secchi sparsi per tutta la casa, persino quella proveniente dalle perdite del tetto, anche quando non c’erano né elettricità né gas per poterla bollire prima di berla. Ora mi spiego i molti attacchi di dissenteria dei quali soffrivamo, anche se ci hanno assicurato di avere accuratamente eliminato tutti gli escrementi di uccello dall’acqua riciclata.
Lezione numero tre: Durante la quarantena usa la fornitura d’acqua con precauzione e non bere mai, in nessuna circostanza, acqua piovana o, se o fai, tieni a portata di mano dei medicinali contro la diarrea.
4. Razionare il cibo
La stessa logica che si usa per l’acqua, vale per gli alimenti; non c’è bisogno di dire che ogni alimento che si acquisisce deve servire per coprire le necessità di base. Per esempio, la farina per fare il pane deve venire prima delle banane e lo zucchero, che usiamo molto per il the, viene prima dei dolcetti.
In più di un’occasione ho commesso questo errore e non perché adorassi i dolcetti di importazione che compravamo nel negozio di Abu Sa’dad al centro del campo, la verità è che i miei fratelli ed io giocavamo a una specie di poker con le caramelle che ci intratteneva per molte ore; avevo paura di restare senza le mie preziose provviste prima della fine del coprifuoco ed essere costretto all’umiliazione di dovermi giocare tutte le mie cosette, compresa la mia radiolina, per potere continuare a giocare.
Quante volte la mia povera madre si è messa le mani nei capelli perle nostre cattive scelte quando correvamo a comprare l’”essenziale”…
Lezione numero quattro: Chiarisci in anticipo quali sono gli “alimenti essenziali” e consumali razionalmente; inoltre, se hai la fortuna di trovare nel tuo villaggio dolcetti come quelli che vendeva Abu Sa’dad, non giocarteli tutti in un solo giorno.
5. Cercare fonti di intrattenimento
Se disponi di elettricità, ti resta l’opzione di guardare la TV; per noi, i film indiani, specialmente quelli che avevano come protagonista Amitabh Bachchan, erano la prima scelta; immagina la mia delusione quando la nostra amata stella del cinema, che tanto aveva contribuito a farci trascorrere gli innumerevoli coprifuoco militari a Gaza, apparve in una foto, sorridente e accanto al primo ministro di destra israeliano Benjamin Netanyahu, durante la sua visita in India nel 2018.
Se tagliano l’elettricità, prepara opzioni alternative: libri, lotta libera, calcio in soggiorno (preferibilmente con una palla fatta con i calzini di tutta la famiglia) e, ovviamente, un poker con i dolcetti.
Lezione numero cinque: La chiave è avere più di una forma di intrattenimento ed essere preparato a qualsiasi evenienza, compreso il taglio dell’elettricità come punizione collettiva.
6. Prendi con umorismo le situazioni difficili
Non concentrarti sulle cose negative, non ha senso e non è intelligente; compatirsi di fronte alla gravità di una situazione può solo aumentare la sensazione di sconfitta e di impotenza già, di per sé, generata da un confinamento. Ci sarà tempo per guardare indietro, riflettere e anche lamentarti di circostanze tanto sfortunate.
Durante il coprifuoco, è quando più hai bisogno di senso dell’umorismo; prendi le cose alla leggera, ridi della tua miserabile situazione, se necessario. Perdonati per non essere perfetto, per essere andato nel panico quando avresti dovuto rimanere tranquillo o per avere obbligato il tuo fratello minore a giocarsi i calzoncini quando aveva finito le caramelle.
Le situazioni difficili danno luogo a scenari che si possono interpretare in due maniere radicalmente diverse: in maniera tragica o divertita; scegli sempre l’ultima, se puoi, perché fintanto che ridi, finché il tuo spirito resta intatto, lo sarà anche la tua umanità.
Lezione numero sei: Sii divertente, non prendere le cose troppo sul serio, condividi qualche risata con gli altri e lascia che l’umorismo inietti speranza ogni ora e ogni giorno del tuo confinamento.
7. Mantieniti saldo nella tua fede
Se sei musulmano, cristiano, ebreo o di qualsiasi altro credo o se se ateo, agnostico o se pratichi qualsiasi forma di spiritualità o filosofia, cerca consolazione nella tua fede e nelle tue credenze..
Siccome durante il coprifuoco militare tutte le moschee del nostro campo di rifugiati erano chiuse o distrutte, la chiamata alla preghiera che ascoltavamo cinque volte al giorno era soppressa. Per continuare a sentirla, salivamo di nascosto sui tetti delle nostre case, identificavamo discretamente la zona dove stavano i soldati israeliani e lanciavamo una chiamata alla preghiera collettiva. Tra i volontari per questo compito c’eravamo il mio professore di inglese, che era comunista ed affermava di non credere in Dio, io stesso e Nabil, un mio vicino con un testone massiccio e un vocione orribile.
Durante i coprifuoco sviluppavamo una relazione differente con Dio: diventava un compagno personale e più intimo, perché spesso pregavamo nella totale oscurità sussurrando le nostre preghiere con cautela, affinché i fastidiosi soldati non ci sentissero. Persino coloro che prima del coprifuoco non pregavano, lo facevano cinque volte al giorno durante il confinamento.
Lezione numero sette: Lascia che i tuoi valori ti guidino durante le ore di solitudine e se ti offri di fare una chiamata alla preghiera o di recitare le tue preghiere, sii onesto con te stesso: se non hai il senso del ritmo o se la tua voce suona come quella di un di un gatto randagio arrabbiato, per amor di Dio lascia il compito ad un altro.
In conclusione…
Spero che in nessuna circostanza tu debba ascoltare le minacciose parole “Ora siete sotto coprifuoco. Chiunque violi gli ordini sarà fucilato immediatamente”. Spero anche che questa quarantena del COVID-19 ci renda più gentili e ci faccia uscire dalle nostre case come persone migliori, preparate per accettare le sfide globali che verranno, unite dalla nostra fede comune, dal dolore collettivo e da un rinnovato senso d’amore per il nostro ambiente.
E quando tutto questo finirà, pensa alla Palestina, perché il suo popolo è confinato da 71 anni e il confinamento continua…
Traduzione da www.palestinechronicle.com a cura di Gorri